Bel post dul blog del nostro amico Michele Scolari pubblicato il giorno della befana. Una bella ricerca storica sull’origine dei marubini di Cremona, con una digressione anche sul tortello cremasco. Il post si apre così:
Nelle enciclopedie di due medici arabi di Baghdad si trova il prototipo dei ravioli, tradotto nel Duecento a Venezia da Giambonino da Cremona nel suo Liber de ferculis et condimentis. E’ il sambusuch, prelibata sfoglia di pasta riempita con un trito speziato di carni (ma esistente anche nella versione “dolce”), originaria dell’India e diffusa ancor’oggi tra Iran e Arabia Saudita. Nel fondo manoscritti della Biblioteca Nazionale di Parigi è conservato un codice miscellaneo membranaceo (segnalato all’inizio del ‘900 dal filologo medievista Cremonese Francesco Novati sull’Archivio Storico Lombardo) prodotto alla corte angioina di Napoli per Carlo II (forse completato sotto il successore, Roberto II); portato in Francia verso la fine del Trecento dal Duca di Berry, fratello di Carlo V, il libro, nel 1404, venne donato ad una fondazione religiosa (la Sainte-Chapelle di Bourges), donde passò alla Nazionale parigina. Si tratta di un codice composto da 162 carte (da 251 x 360) scritto su due colonne, di mano italiana, con capilettera finemente miniati. La sigla, Ms. Lat. 9328, non dice nulla ai non esperti, ma dietro quella sequenza di numeri si cela una raccolta di otto manoscritti latini (databili tra il XII e il XIII secolo), l’ultimo dei quali, alquanto rovinato, contiene una ricetta che mostra come il “razionale” dei ravioli (cappellacci, quinquinelli, anoli, pansotti, ecc., inclusi i marubini cremonesi), derivi da una specialità arabo-persiana giunta in Pianura Padana dall’oriente islamico attraverso la mediazione di Venezia e delle corti sveva e angioina dell’Italia Meridionale, assieme ad altri piatti (tra cui, duole ammetterlo, le lasagne – dall’arabo lauzinaj – e, duole ancor più ammetterlo, certi vermicelli di pasta di semola precursori degli spaghetti – chiamati in arabo trija).
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