Dopo l’Emilia paranoica dei CCCP c’è la Lombardia apatica di Gabriele Pavesi. E se a Correggio negli anni ’80 era “Emilia di notti dissolversi stupide sparire una ad una impotenti in un posto nuovo dell’Arci”, non è che in Lombardia 30 anni dopo qualcosa sia cambiato. C’è sempre l’Arci, ci sono sempre le notti stupide dove sparire, o tirare una secchiata ad uno “sfigato” che ci prova. E soprattutto c’è il rock per salvarsi la vita, o quantomeno per sopravvivere.
Domenica sera in sala Alessandrini è andata in scena la prima cremasca di Profondo rosa, il nuovo film di Gabriele Pavesi. Il filmaker cremasco dimostra di essere cresciuto dalla storia un po’ surreale e sghemba di Metallari mannari a Crema è passato ad un film di vuoti e pieni e soprattutto dannatamente serio.
La storia, non storia, delle Sbarbie, rock band al femminile, è la storia di uno, dieci, mille ragazzi. Non importa se negli anni ’80 Emiliani o nel nuovo millennio apatico e lombardo, come cantano le ragazze. La musica per sopravvivere, per esorcizzare la morte, per cercare di arrivare almeno a sera. Così circondati da adulti, all’Arci appunto, che hanno in tasca la soluzione al rebus, la stessa che credono di avere in tasta i ragazzi oggi.
Tra amori senza futuro, piccole superstizioni, giornate vuote. Pavesi dimostra di avere un talento visionario naturale. Un po’ Jess Franco nel riuscire a far funzionare attori non professionisti, set che non sono set, nell’uso apparentemente casuale dello zoom, nella presenza quasi ossessiva della musica che è l’unica vera protagonista che riesce a riempire le giornate degli adolescenti.
Per il resto c’è da divertirsi a riconoscere tutti i volti noti cremaschi che si sono prestati a giocare nel film. Brave e credibili Primavera Tuci, Anna Paltrinieri e Michela Rota nei panni di Pioggia, Lola e Berry. Attorno appaiono parecchi personaggi. I surreali Giancarlo Molaschi e Ambra Azzoni impegnati in un valzer, Maurizio Dell’Olio credibilissimo nei panni dell’avventore da Arci che si lamenta di tutto, Mattia Zaffardi ancor più credibile in quelli del fattone, e poi Arianna Radici e Maruska Ronchi che danzano come sanno fare, Pier Solzi in quella del cantautore di strada, Dimitri Simonetti nei panni dello sfigato secchiato di cui sopra, l’immancabile Jack Raimond attore feticcio per Pavesi. Bello. Da vedere.
Gabriele Pavesi, fa al termine dell’analisi una piccola precisazione:
Un particolare, non vorrei associare l’apatia della canzone delle Sbarbie e la loro missione a un luogo come l’Arci che anch’esso cerca di combatterla È dettaglio lo so… Ma lo sai anche tu dove si annida la vera apatia e indifferenza “Locali immobili con gente stanca che si muove per inerzia, come una qualsiasi cortina di ferro…