Quella volta li avevo vent’anni. No dai ventuno in realtà. La macchina scarburata correva sull’autostrada. Si ma mica una Highway americana neh. Semplicemente la A7 Milano – Genova. Neppure La A22 del Brennero che Tondelli chiama Autobahn perché se la prendi a Reggio Emilia e come essere in periferia di Berlino.
No si andava solo a Finale Ligure. Ma nella autoradio a cassette Majestic, quelle che trascinavano il nastro come un walkman con le pile scariche se la cassetta era una C90, ci stava della musica bellissima, e una birra è “tutto quello che rimane fino al prossimo Autogrill”. La cassetta che girava a ripetizione quell’estate me l’aveva doppiata Lei, quella per cui sono impazzito per due anni raccogliendo tre baci e un sacco di bastonate.
Si sentiva da schifo. Ma si urlava lo stesso: “Noi si vivremo, noi si vivremo, noi si vivremo così noi si vivremo sporcandoci ancora vivremo sta scritto così”, eh va beh quella volta li avevo vent’anni. E da quell’estate li divedere i conti in pizzeria si chiamerà fare: i riti pagani. Ci sentivamo davvero un po’ Indiani padani.
In fondo la Città Giocattolo sta nel mezzo della piana padana. E noi non avevamo intenzione di “incendiare il piano padano”, anche se i CCCP erano un fuoco che divampava, ma solo di viverlo. Insomma appena tornato da quell’estate lo presi in vinile quel disco li che girava in macchina quella volta li che avevo vent’anni.
Quella volta li avevo vent’anni. No dai ventitré a dire la verità. C’era Mani Pulite a Milano. Ma cazzo allora urlavo “mettete giù le mani dall’Italia”. Mi sentivo bello e dannato anche io. Bello, insomma. Dannato si. Nella Città Giocattolo metallica dove ci si addormentava con gli Slayer in sottofondo, era strano amare un gruppo che ti chiedeva di metterti in gioco e che non era prorpiamente metal. Ma in fondo avevo solo vent’anni, 23 dai. E loro quando li ho visti suonare nel parchetto del nosocomio boh. Le rockstar non hanno età.
Ma quella volta li avevo vent’anni. No dai quasi venticinque in realtà. E il disco l’ho comprato alle bancarelle di Santa Lucia. Avevo un sacco di paure, ma anche il mondo aveva le vertigini. Avevamo un sacco di paure, tutti. E anche noi: “qualche volta non vorremmo più toccare questa terra. Camminando su una nube per poter vedere meglio. Se siamo noi oppure loro a sbagliare ogni cosa”.
Quel disco li adesso compie vent’anni e gli fanno la festa. Anche io quella volta li quando è uscito avevo vent’anni, 25 dai. E ne avevo venti di anni anche quando li ho ritrovati. Oddio no ne avevo 39. E attorno quella sera c’era un sacco di gente che saltava, l’ultimo vero concerto ad Ombrianello. E un sacco di gente che avrei incrociato più avanti. Si una volta in cui avevo vent’anni e ho preso un sacco di spintoni e sono caduto ad un loro concerto e ho rotto gli occhiali.
E avevo vent’anni quando ho cantato per una settimana di fila una canzone contro la mia ipocondria perché “domani è primavera allora forse me ne frego”. Perché è difficile fregarsene a vent’anni, di più ancora a 44. Non ci sarò alla festa dei vent’anni. Perché anche il racconto più perfetto ha un finale che porta lontano. Inseguendo altre note e altri ricordi. Come quando mi sentivo un wild child. E anche quella volta li… avevo vent’anni, ma questa è un’altra storia.
Emanuele Mandelli
——-
Venerdì 6 novembre al Vox di Nonantola, in provincia di Modena, si tiene il concerto per il ventennale di uscita di La vertigine del mondo dei Rats. Se potete siateci… Grazie agli amici del gruppo Facebook Noi che abbiamo aspettato 18 anni il ritorno dei Rats. che quella sera indosseranno una maglietta che ho contribuito a fare e che racconteranno la serata per il blog.