Ecco il testo del discorso del sindaco Fabio Bergamaschi in occasione delle celebrazioni della Festa del lavoro.

 

Spettabili Autorità, care lavoratrici e cari lavoratori, buongiorno e buona Festa del Lavoro. Oggi celebriamo il Lavoro, una ricorrenza che non è mai formale. E’, al contrario, densa di significato, perché il lavoro non è solo uno dei valori centrali della nostra Costituzione, che vi fonda ed ispira l’intera architettura della Repubblica, ma è il patrimonio più grande dell’uomo, un elemento che qualifica la vita della persona, determina lo sguardo su se stessa e ne plasma la dimensione sociale. L’unico fattore umano in grado di assicurare la libertà dal bisogno; di garantire benessere; di favorire l’integrazione e la coesione sociale. Di vivere in pienezza il proprio destino personale e comunitario. Il Lavoro, quindi, per una società più civile, equa e coesa. Ma altre definizioni, purtroppo, possono parimenti essere associate alla parola Lavoro: sommerso, nero, povero, sottopagato, precario, minorile. La sfida maggiore rimane pertanto quella di conciliare il dinamismo dell’economia, presupposto della creazione di ricchezza, e la giustizia sociale, condizione esito di un’equa redistribuzione della stessa. Perché solo questa dinamica di promozione del mercato e, al contempo, di correzione delle sue storture può sottrarre il benessere alla dimensione del privilegio, rendendolo al contrario accessibile, largo, inclusivo. Un benessere presupposto di quell’autentica “eguaglianza delle opportunità” che ritengo rimanga ancora oggi il modello cui tendere per fare in modo che la giustizia sociale non si trasformi in un livellamento depressivo delle capacità umane, ma al contrario possa rappresentare la condizione per ogni persona di giocare al meglio la partita della vita secondo il proprio talento, le proprie inclinazioni ed aspirazioni, adempiendo al dovere costituzionale posto dall’articolo 4 di concorrere al progresso materiale e spirituale della società “secondo le proprie possibilità e la propria scelta”. La rapidità dei progressi tecnologici e l’intensificazione della concorrenza collegata alla globalizzazione hanno imposto e continuano ad imprimere grandi cambiamenti, generando opportunità, ma al contempo nuove disuguaglianze e grandi esclusioni. E l’orizzonte ancora ampiamente incerto dell’intelligenza artificiale – incerto nell’esito, non nelle nitide premesse sulla sua portata di innovazione dirompente – non mette al riparo da profonde preoccupazioni rispetto ad un’inversione del rapporto di servizio tra l’uomo e la tecnologia. Senza dimenticare che il lavoro deve anche garantire sicurezza. Mi riferisco non tanto a quella – pur imprescindibile – economica, bensì alla sicurezza che va assicurata mentre vengono svolte le proprie mansioni. Ancora tante, troppe, le vittime di infortuni anche mortali. Non passa giorno in cui in Italia non vi sia un morto, un infortunio, una malattia professionale. E anzi il 2024 si è aperto con dati che registrano un drammatico incremento, che deve richiamare chiunque, soprattutto chi ricopre responsabilità di governo, ad una riflessione attenta e profonda: + 7,2% di infortuni sul lavoro, + 19% di morti sul lavoro, + 35% di patologie professionali denunciate. E’ una sfida che ci deve vedere tutti in prima linea. Metafora, questa, che richiama la guerra. E ora che il mondo ne è sconvolto ci si rende conto della necessaria prudenza con cui adoperare quel termine. Ma non è tuttavia fuori luogo accostare qui il drammatico e lungo elenco delle morti sul lavoro proprio ad un ‘bollettino di guerra’. Si lavora per vivere, ma troppo spesso si muore di lavoro. E’ necessario che ci si avverta tutti pienamente ingaggiati nel ripensamento di un modello di lavoro che sappia mettere in atto i processi sottesi ad un’idea forte di sviluppo sostenibile, ponendo al centro l’uomo e i suoi bisogni, tra i quali l’ambiente risulta essere ormai imprescindibile e la sicurezza una precondizione. La città di Crema e il suo territorio stanno compiendo in tal senso il proprio dovere, con serietà, impegno e risultati. Gli indici provinciali di ricchezza ci posizionano ancora in cima alla classifica, restituendoci l’istantanea di un territorio dall’elevata qualità della vita, che ci onora, che ci rassicura, ma che non ci deve abbandonare ad un senso di appagamento. Perché non siamo comunque alieni al contesto generale di declino socio-economico italiano (dice qualcosa, a tal proposito, il fatto che solo circa 9% dei contribuenti italiani guadagni oltre 40.000 euro lordi all’anno?). Perché ogni rendita non è per sempre. Perché le fragilità sociali non mancano, anzi si moltiplicano, a differenza degli strumenti per farvi fronte. Ma se continuiamo insieme, con coerenza e perseveranza, istituzioni, organizzazioni sindacali, categorie economiche, terzo settore, nell’attuazione delle politiche territoriali e nel perseguimento degli obiettivi comuni, così come stiamo facendo attraverso gli strumenti e le piattaforme di confronto e condivisione che nel tempo, sapientemente, abbiamo creato a livello cittadino, cremasco e provinciale, sapremo ancora, nuovamente, tessere quella rete di sviluppo ambivalente, capace al contempo di essere tanto strumento di slancio, quanto di protezione dalle fragilità. Ricchezza e redistribuzione. Opportunità e bisogni. Sempre insieme, sempre al centro, congiuntamente, della nostra attenzione, della pratica quotidiana delle istituzioni e di tutte le articolazioni sociali vocate alla promozione dei valori umani di libertà e uguaglianza. Nonostante le difficoltà, ci sentiamo ancora pienamente coinvolti in questo straordinario progetto di società. Vogliamo ricordarlo e ricordarcelo in questa giornata di Festa. Vogliamo un Lavoro migliore e più giusto per una società che ne sia lo specchio. Lo vogliamo e l’otterremo. Evviva il 1 maggio.

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