Ci sono vari modi per iniziare male una giornata. Uno tra i più collaudati è quello di ritrovarsi svegli un paio d’ore prima del consueto senza una ragione particolare. Le cause? Dall’esame che ne consegue se ne trae la prima conclusione: nessuna.

E allora perché sono sveglio? Un interrogativo che trita la mente, soprattutto se l’orologio ti comunica che sono le quattro del mattino. Ci sarebbe un modo per rimediare: un bicchiere di latte, ma ho smesso di bere latte circa sessant’anni fa e cercarlo in casa mia sarebbe un po’ come andare a caccia di mammuth.

Alternativa? Buttar giù un paio di cicchetti sperando nel loro effetto narcotizzante. Sì, bravo! E nasce un bisticcio di parole: così alle sei (orario)… sei (verbo essere) sbronzo come un marinaio nepalese.

Che fare?

Leggere. Sul comodino c’è un mattone che è lì da almeno un paio di mesi, fermo alla pagina 418 su 963 complessive. E lo so (cazzo se lo so!) che se non sono più andato avanti è perché il testo in questione è una gran puttanata, ma quale altra prospettiva mi rimane?

Pagina 419, pagina 420, pagina 421… Rincomincio a maledire l’autore, che è morto, poi l’editore e infine, con livore e maggiore accanimento, quello stronzo di critico letterario che sulla pagina culturale del più autorevole quotidiano nazionale ha scritto che quel libro è un autentico capolavoro. Di quel bastardo mi sono fidato! Tutti e tre, insieme, mi hanno sfilato dalle tasche alcune decine di euro e medito vendetta.

Chiudo il ponderoso volume e con gioia satanica lo scaravento contro la parete. Poi, non contento, mi alzo dal letto e gli passeggio sopra imprecando ad alta voce. Cosa che allarma i vicini i quali, premurosi, si mettono anche loro a scassarmi i coglioni bussando alla porta: “Tutto bene signor Cerutti?!”

“Tutto bene un cazzo!”

Ne segue il rituale inizio di giornata: evacuazioni corporali, doccia, caffè, vestimento sommario e uscita di casa con rumorosa chiusura della porta, per rimarcare e rendere noto che quella che mi aspetta sarà una brutta, bruttissima giornata, per non dire di peggio, perché so che non è finita.

E infatti di lì a poco emerge il rimorso per aver trattato a quel modo un libro, un innocente attorno al quale si sono prodigati altri innocenti: il traduttore, con una paga da fame; il grafico impaginatore, che si è impegnato a dare coerenza alle pagine; il linotipista, che è impazzito perché non ha capito una sega di quello che stava battendo; il correttore di bozze, che ha maledetto il giorno in cui decise di fare quel mestiere; il rilegatore, sempre più convinto che per confezionare un prodotto presentabile 350 pagine sono più che sufficienti; il distributore, sempre alle prese con gli stivaggi perché ci sono troppi scrittori e pochi lettori; il libraio, costretto a sputtanarsi perché deve vendere; infine la sparuta schiera di coloro che amano leggere libri e non mattonate frutto di masturbazioni mentali.

Sì, non mi resta che ammettere di aver commesso un atto folle e offensivo nei confronti di tutta quella brava gente. Ma non di quei tre di cui dicevo prima, che se li becco… Cazzo se mi sentono!

Esaurito il tempo dei rimorsi ritorna galla il quesito iniziale: perché mi sono svegliato così presto?

Perché sono un coglione: se vado a letto alle nove di sera… Ma questo non ditelo a nessuno, per favore.

Beppe Cerutti

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