Questa settimana riproponiamo un dialogo, datato 2007, tra Riboli e Severgnini
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Ecstasy in stanze nere, coca nei privée
Le discoteche e gli arredi per la droga «Ecstasy in stanze nere, coca nei privée»
Il progettista Beppe Riboli: la notte è cambiata, come i locali
MILANO — Beppe Riboli, le piacciono le discoteche?
«Certo, sono la mia palestra di creatività. Ma non mi piace il degrado che in molti casi hanno raggiunto, e quel classismo discriminatorio m’innervosisce».
Scusi, ma lei non è stato premiato, per il quinto anno consecutivo, come «miglior progettista della notte »?
«”Notte” e “discoteca” non sono più sinonimi».
Sta dicendo che la discoteca è un simbolo, ma c’è ben altro intorno?
«E’ così. Ci sono i disco-bar: cinquantamila, credo di aver progettato il primo in Italia, vent’anni fa. Poi ci sono i lounge-bar, più soft. Poi i risto- bar, dove si mangia. Poi i disco- risto, dove si cena. Poi i beach- bar, importati dalla Florida e dalla Spagna. Poi le hall degli hotel. Poi i bar dei negozi fashion. Poi i live spaces, dove mangi e ascolti musica dal vivo. Sono tutti locali low-cost, dove non si paga l’ingresso e stanno affossando le discoteche. Poi i lap-dance, in crescita esponenziale: 200 solo sul Garda».
Sarà l’aria del lago.
«Comunque in Italia abbiamo ancora la più alta concentrazione di discoteche. Cinquemila, contro mille negli Usa o in Inghilterra. Fra tre anni saranno la metà. La notte italiana è un viaggio. Si parte dall’aperitivo, la discoteca è solo l’ultima tappa, dove si arriva già carichi. Dopo, c’è solo il camioncino che vende panini».
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