Se siete tra quelli che pensano che andare a teatro voglia dire vestirsi di tutto punto, lavati e sbarbati, uscire con la vostra signora e andare a sedervi al posto prenotato che accoglie le vostre terga da anni nel teatro cittadino per vedere lo spettacolo di prosa misurata e esplicitamente teatrale con il bel nome del teatro nobile italiano, si quelli che tutti dicono di avere visto e applaudito almeno una volta nella vita, ma che poi nessuno si fila davvero, allora evitate accuratamente di andare a Teatro a Corte a Torino e qua e la per il Piemonte. Oppure fatevi del bene con uno shock positivo, munitevi di scarpe comode, di bottigliette d’acqua e sali minerali e partite arma in resta.
Quella che è appena terminata domenica 21 luglio 2013 è la quattordicesima edizione della rassegna piemontese. Per me la quinta, o la sesta, ad una certa età tutto si mischia e si perde un po’ il senso del tempo. Ci sono arrivato da cronista locale seguendo una traccia per l’appunto locale, quella dell’amica Mara Serina, emigrata da Crema e approdata (non solo) a Torino con la professionalità del sui iagoStudio alla corte (per l’appunto) di Beppe Navello. E da subito è stato uno shock.
L’assurto base del festival è quello di utilizzare le dimore sabaude, castelli, cavallerizze, palazzi… per impiantarci lavori teatrali che più dissonanti con l’ambiente non potrebbero essere. Teatro danza, performance, prosa sperimentale, vetrine di giovani artisti di nazioni europee. Una solo apparente cacofonia culturale che ci si accorge subito essere invece una perfetta amalgama che lascia a bocca aperta e che ti costringe a seguire le intuizioni che questi pazzi di volta in volta mettono in campo portando nei luoghi più disparati le compagnie più disparate. E il pubblico appresso arrancante e felice.
Quest’anno, come si può intuire un po’ dal video racconto, dove per forza di cose non ci sono immagini degli spettacoli ma una sorta di dietro le quinte, ma anche qualche fotogramma catturato di alcune performance all’aperto dove il senso di controllo è più lasco, ci hanno portato in un ventaglio di luoghi che più diversi non si poteva.
Un venerdì a metà tra il teatro Astra, una particolarissima struttura che sembra un cantiere in lavorazione con parti in cemento armato e tondini di ferro che sbucano dai muri che si fondono con l’eleganza di stucchi e legni di un teatro classico per poi passare allo spazio Ogr, le officine grandi riparazioni, l’ex spazio delle riparazioni dei treni diventato dal 17 marzo del 2011 un enorme open space dove l’atmosfera da archeologia industriale lascia a bocca aperta.
Due spazi dove abbiamo visto spettacoli diversissimi. All’Astra un incredibile racconto gotico che mette assieme cartoni animati, animazione 2d, video proiezioni, musica dal vivo e attori in carne ed ossa della compagnia inglese 1927. Uno degli spettacoli più particolari mai passati in questa rassegna, a parer mio ovvio. E poi, usando la metropolitana giocattolo di Torino, tutti nel caldo capannone industriale un po’ tetro e affascinante delle Ogr per una performance della coreografa israeliana Karen Levi che mette al centro della scena i corpi nudi di quattro danzatrici che diventano un solo corpo nel gioco di luci, proiezioni agli infrarossi e musica. Lo so due cose difficilissime da spiegare. Andate a vedere se su You Tube trovate qualche immagine rubata e fatevi un’idea.
Poi un sabato tra la caffetteria del Palazzo Reale per l’incontro con gli artisti, un pomeriggio a Venaria con una performance in cui il pubblico ha subito “le vessazioni” di una schiera di bimbi biondi dagli occhi azzurri, e una serata con tre performance nella reggia di Racconigi. Passando dall’interno dove Gabriella Cerritelli (indossando una tuta in velcro) si è adattata nella sua perfomance da fantascienza psicologica e claustrofobia agli spazi del castello, e poi una passeggiata tra i boschi della tenuta per una artista finlandese che ha fatto il ragno tra gli alberi della tenuta e una bellissima francese che trovava il suo punto di sospensione a tre metri sulle teste del pubblico. Il tutto concluso con una cena nella cucine del castello.
Capite da soli che anche il pubblico diventa parte dello spettacolo. Transumante tra spazi che sanno di storia ma che non sa se aspettarsi una gentile e poetica performance acrobatica o qualcosa che li porti via per sempre. Si va bene adesso stiamo esagerando ma l’atmosfera sospesa che si crea in queste serate è questa. Poi tutti arrancanti per le vie del centro di Torino, con la movida di Corso Po alle spalle e un letto d’albergo da raggiungere distrutti, ma felici.
em
Approfondire
- Uno stralcio dello spettacolo dei 1927
- Karen Levi presenta The Dry Piece
- Gabriella Cerritelli Attack
- I bimbi biondi di Alexander Broeder