Non mi sono mai trovato male in vacanza, quindi sono tra i fortunati che non hanno mai avuto bisogno di sapere di cosa si parla quando ci si riferisce al danno da vacanza rovinata. Quando si acquista un prodotto, il medesimo viene presentato in un certo modo, con certe funzioni e caratteristiche annesse che ci convincono a procedere all’acquisto.

Ebbene prenotare una vacanza significa sostanzialmente acquistarla, accordandosi sulle caratteristiche del viaggio e del soggiorno. Preliminarmente vengono richieste informazioni sull’alloggio, sulle condizioni operate da un villaggio vacanze o da un albergo e, il più delle volte, vengono consultati cataloghi muniti di fotografie della destinazione prescelta e di una minuziosa descrizione. Tutti elementi che risultano di fondamentale importanza per prendere la definitiva decisione di acquistare un pacchetto turistico.

Può accadere che il viaggio non rispecchi quanto promesso, risultando quindi difforme dalla iniziale descrizione e spesso in misura tale da causare la mancata realizzazione dello scopo turistico.

Il danno che scaturisce da tale situazione può essere patrimoniale (gli esborsi sostenuti per la vacanza) e/o esistenziale (disagio, delusione, ecc.). Il danno che deriva da una vacanza (appunto) rovinata non si considera limitato al mero dato patrimoniale relativo ai soldi spesi per il viaggio ed il soggiorno. Ogni caso è a sé e va valutato singolarmente, ma può darsi che si abbia diritto ad un risarcimento derivante dal mancato riposo, svago, dall’impossibilità di prendersi la meritata pausa tanto agognata durante l’anno.

Si parla in questi termini di “scopo vacanziero”, per esempio, nella sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III civile, 11/05/2012, n. 7256.

Francesco Garghentini

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