Questo è un post personale. Cosa ho ascoltato nel 2015? Quali sono stati i miei dieci dischi? Alla fine dell’anno è bello fare una sorta di carrellata. Quest’anno ho rinviato. Non volevo farlo. Ma alla fine cedo. Cedo perchè è stato un anno strano con uscite a cui mi sono legato da subito. Ma andiamo con calma. Come sempre i dischi sono citati in ordine casuale, non c’è una calssifica.

Anche se è giusto che il primo che venga citato sia Bad Magic dei Motorhead. Sarebbe stato comunque tra i dischi dell’anno. La scomparsa di Lemmy lo scorso 28 dicembre ci ha toccati e segnati tutti. Questo canto del cigno per la band, quarant’anni a tutto volume, è nettamente il miglior disco degli utlimi anni per loro. Tredici pezzi compattissimi. Intanto quella che per me è la canzone dell’anno Till the end, ballatona energica. Ma poi una infilata di grandi hit che ci sarebbe piaciuto sentire dal vivo. A iniziare da Victory or die e Fire storm hotel.

Il secondo disco da citare era senza dubbio il più atteso. Parlo ovviamente di The book of souls degli Iron Maiden. Sarebbe stato tra i dieci dischi dell’anno anche se fosse stato una delusione. Ma invece, sopresa, è un gran disco. Non era facile. Anche vista l’assurda durata di 92 minuti. Si ci sono un paio di filler. Ma non più di tanto. Ma anche e sopratutto dei capolavori. Su tutti i 18 minuti di Empire of the clouds. Andremo a vederli dal vivo a Trieste a testare la tenuta dei brani on-stage.

Terzo disco è un altra grande sopresa. Forse la più grande tra i ritorni del metal di questo 2015 che pareva di essere nel 1986. Golgotha degli Wasp è un signor disco. Non c’è un pezzo debole. Da citare innanzi tutto la ballata anni ’80 Miss You. Ma anche la title track. Li abbiamo visti dal vivo a Trezzo. Forma strepitosa.

Di uscite metal l’anno ne ha avute una marea. Quasi tutti grandi dischi. Non inserisco nella mia top ten ma li considero grandi dischi dell’anno: Return to forever degli Scorpions, War of king degli Europe, Bettering ram dei Saxon. Sotto le attese ma bello Repentless degli Slayer. E col metal ci fermiamo qua.

I prossimi due dischi sono i qualche modo da citare assieme. Parlo di Rattle that lock di David Gilmour e The Wall di Roger Waters. Il primo è il disco solista del chitarrista dei Pink Floyd. Solo il quarto in 30 anni. Pinkfloydiano al midollo. Probabilmente il migliore dei 4. Se volete ascoltare una sola canzone Faces of stone per me rappresenta bene il disco. Il secondo è l’ennesima incarnazione della mia opera feticcio. Quel The Wall nato nel 1979 dai Pink Floyd e poi rinato mille volte come l’araba fenice. Non c’è nulla da dire di più. Grande ennesima versione da avere.

Cambiamo del tutto ambito. Preso quasi per caso, non conosco tantissimo i due autori, ho consumato moltissimo i solchi di Django and Jimmie.  Gli autori insieme hanno più di 150 anni. Sono Willie Nelson e Merle Haggard. Due leggende del country americano. Un disco che si ascolta di un fiato tra sonorità che fanno subito highway americana.

E il country e il folk americano da qualche anno sono la mia other face. Infatti adesso voglio inserire nella top ten Cass Country di Don Henley. Disco solista del componente degli Eagles davvero molto country. Scoperto quasi per caso sentendo una notte alla radio Praying for rain. Mi ricordo che io ero a bocca aperta e il dj ha detto una cosa tipo: “non sempre i grandi nomi dei grandi gruppi fanno garndi dischi”, stolto.

Il 2015 è stato allietato anche dalla nuova uscita della mia piccola ossessione Nicki Bluhm & The Gramblers. Il gruppo americano di San Francisco sconosciuto in Italia con Loved wild lost ha prodotto l’ennesimo disco da avere e da consumare. Pezzi da segnalare? Tutti. Ma Queen of the rodeo e Heartache mostrano le due facce del disco: rock e country.

Sorpresa degli ultimi giorni del’anno è stato invece Angel & Ghosts di Dave Gahan & Soulsavers. La voce dei Depeche Mode ha tirato fuori un disco intenso e pieno di potenziali hit notturni, soul e intensi. Non solo il singolo Shine.

E in Italia? Siamo arrivati a 9 dischi quindi c’è ancora una casellina. La assegno a 9 dei Negrita. Non li ho mai amati tantissimo. Ma questo disco è perfetto. Tredici potenziali singoli, bei testi, appeal radiofonico e pezzoni da concerto. Una sorpresa, per me, che li avevo abbandonati dopo l’inizio della loro carriera seguendoli poi distrattamente.

In realtà adesso devo citare un altro disco. Italiano. Lo cito perchè è “solo” una ristampa in vinile di un disco uscito nel 2010. Ma è forse il miglior concept mai fatto in Italia. Parlo di Federico 3 e il destino infausto dei Pay. Bravi, intelligenti e troppo, troppo, sottovalutati.

Qualche altra notazione. Dei 10+1 dischi del 2015 ben 6 sono stati presi in vinile. Il ritorno del suono analogico non ha conquistato solo me. Tra le riscoperte del mio anno ovviamente i Rats, di cui ho recuperato i vinili dei primi lavori pre Indiani Padani e che sono stati il concerto dell’anno, nonostanti ne abbia visti di importanti davvero.

Ultima notazione per la ristampa in cd e vinile per il ventennale di Negli Occhi degli Sos a cui va la palma di disco locale dell’anno.

Emanuele Mandelli

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