Si parla moltissimo del DDL Cirinnà, divenuto un po’ la bandiera dei diritti delle coppie omosessuali contrapposte a chi è contrario alle unioni civili. Ma ci sono aspetti di grande importanza del disegno di legge in questione che sono stati quasi del tutto dimenticati dai media. Parliamo della regolamentazione delle convivenze di fatto come ad oggi inserita nel testo in discussione in Parlamento.
La disciplina non pone differenze tra coppie eterosessuali e omosessuali.
- Quando si può parlare di convivenza di fatto?
In primo luogo si parla di “due persone”, il che rende applicabile la disciplina a tutti, senza porre differenze di genere.
I conviventi di fatto sono tali in quanto maggiorenni, uniti stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da parentela, affinità o adozione, matrimonio o unione civile.
Per l’individuazione del momento di inizio della stabile convivenza si fa riferimento sostanzialmente alla coabitazione e quindi la convivenza di fatto inizierebbe con la fissazione di una comune residenza. Viene previsto altresì che possa stipularsi un “contratto di convivenza”, ricevuto in forma pubblica da un notaio, tramite il quale i conviventi di fatto disciplinano i rapporti patrimoniali reciproci e fissano la comune residenza. Il contratto deve essere stipulato in queste forme a pena di nullità.
Il contratto viene poi trasmesso dal notaio al comune di residenza prescelto (ciò vale perché possa essere opposto ai terzi). Nel contratto di convivenza si può stabilire: a) le modalità di contribuzione alle necessità reciproche; b) il regime patrimoniale di comunione dei beni (che può essere modificato in ogni momento, purché per iscritto con le stesse modalità per la redazione del contratto).
E’ possibile recedere unilateralmente dal contratto e, se la casa comune è di proprietà del recedente, l’altro convivente avrà almeno 90 giorni per andarsene da casa.
- I diritti dei conviventi di fatto
I conviventi di fatto avranno:
- gli stessi diritti del coniuge quanto all’ordinamento penitenziario;
- in caso di malattia e ricovero hanno diritto reciproco di visita, di assistenza, accesso alle informazioni personali come previste per coniugi e familiari;
- ogni convivente può designare l’altro come rappresentante: in caso di malattia che comporti l’incapacità di intendere e volere e in caso di morte per la donazione degli organi e i servizi funebri; la designazione avviene in forma scritta;
- in caso di morte di uno dei conviventi il convivente di fatto ha diritto di abitazione con durata variabile da 2 a 5 anni;
- ove uno dei conviventi sia il conduttore della casa in affitto, e questi receda dal contratto di locazione o muoia, l’altro ha diritto a succedergli nel contratto;
- per l’assegnazione delle case popolari i conviventi di fatto possono usufruire della causa di preferenza assegnata a chi appartiene ad un nucleo famigliare;
- si fa riferimento all’art. 156 c.c. (relativo all’addebito della separazione) per determinare il diritto al mantenimento (che si misura sulla durata della convivenza) in caso di cessazione;
- se alla cessazione della convivenza uno dei conviventi versa in stato di bisogno ha diritto agli alimenti;
- il convivente che presta nell’azienda di altro convivente la propria opera stabilmente ha diritto agli utili;
- il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore e amministratore di sostegno dell’altro;
- In caso di morte di uno dei conviventi (che derivi da fatto illecito di un terzo) il danno risarcibile del convivente è equiparato a quello del coniuge superstite.
Osservazioni
Il legislatore vuole dunque sostanzialmente estendere i diritti dei coniugi a tutti coloro che convivono.
Ma il testo normativo lascia qualche interrogativo.
Se l’inizio della convivenza si stabilisce con la fissazione della comune residenza e il contratto è una mera opzione, sembrerebbe che per dare vita a una convivenza di fatto, con tutto ciò che ne consegue, sia necessario essere: due persone conviventi, maggiorenni, liberi di stato e legate da un legame affettivo di coppia.
Ma l’inizio della convivenza di due persone (e quindi la costituzione della cd. convivenza di fatto) si verificherebbe solo tramite le risultanze anagrafiche (appunto ci si riferisce nel testo al concetto di “famiglia anagrafica”). E se due persone fossero solo coinquilini?
Francesco Garghentini