Il prossimo 17 aprile saremo chiamati a pronunciarci sul cosiddetto referendum sulle trivelle, in cui ci verrà chiesto se vogliamo che alla scadenza delle concessioni per l’estrazione di idrocarburi nelle acque italiane (entro 12 miglia dalle nostre coste) sia fermata l’estrazione nonostante nei giacimenti gli stessi siano ancora presenti. L’importanza del referendum va oltre il quesito stesso, perché rimette in gioco alcuni punti fondamentali. Il primo è la centralità dei cittadini, o meglio delle persone e delle comunità locali.

Purtroppo, per molti fattori, non siamo più molto abituati come cittadini ad avere la possibilità di partecipare alla cosa pubblica, di dibattere in maniera pacata e seria su temi rilevanti.Questo referendum può essere l’occasione per ripartire. Altro fattore importante è che in questa conslutazione popolare saremo chiamati a pensare al nostro futuro: occorre che ci si riappropri innanzitutto di esso,che si ricominci a pensare non solo all’oggi ma anche al domani riflettendo sulle sfide del presente attraverso una prospettiva sul futuro; in sè il referendum ha una portata limitata perché riguarda il futuro delle concessioni (non ha effetti sull’immediato) : è però un ottimo termine di paragone per capire quali sono le nostre priorità e quali sono le nostre prospettive. Le ragioni del sì e quelle del no (oltre che dell’astensionismo) si confrontano sull’impatto economico, su quello ambientale, sui posti di lavoro.

Che il confronto avvenga è senza dubbio un bene, perché è proprio attraverso un’analisi delle ragioni stesse che è possibile fare un’opera seria di discernimento che abbatta i muri ideologici che su temi come questo sono particolarmente spessi;allo stesso modo è un’occasione per molti di confrontarsi partendo da quella splendida enciclica che è la “Laudato sì” di Papa Francesco. Visto che da moltissime parti si è alzato il plauso per l’enciclica Papale è giunto il momento di capire se sono stati facili osanna di circostanza, oppure un reale desiderio di fare chiarezza su temi tanto delicati quanto fondamentali attraverso un serio confronto su quanto il Santo Padre ci indica.

È necessario confrontarsi su come sia ragionevole correre il rischio di danni ambientali che potrebbero deturpare i nostri mari a fronte di un vantaggio che non incide  sul nostro fabbisogno energetico. Allo stesso modo occorre chiedersi se sono più “costosi” per l’economia i disastri causati dai danni ambientali rispetto ai guadagni sulle concessioni, e che ripercussioni avrebbero sull’occupazione in particolare nel settore del turismo, della pesca e di tutto l’indotto.Sono queste tutte riflessioni importanti e delle quali tener conto partendo dalla presa di coscienza che i beni della terra non sono infiniti, che le nostre scelte di oggi avranno un impatto dirompente sulle generazioni future ; allo stesso tempo fare un salto di qualità rendendoci conto che non siamo chiamati a difendere l’ambiente ma a custodirlo, non solo a proteggerlo quindi ma a farlo crescere.

Il fascino della prospettiva cristiana sul Creato è proprio la consapevolezza di dover partecipare attivamente ad abbellirlo,assumersi le proprie responsabilità e avere il coraggio di fare scelte difficili e di scommettere sul futuro. Questo referendum più che un sì sulle trivelle, ci chiede un sì sulla nostra capacità di reinventarci, di sapere utilizzare altre forme di energia, di saper guardare in una prospettiva unitaria al  destino dell’uomo nel suo rapporto con l’ambiente. È un sì per scommettere, ancora una volta, sulla persona ripartendo dal basso , con stili di vita e azioni sostenibili. Recarsi alla urne per votare SI al referendum la prossima domenica 17 aprile è una scelta che, per noi uomini e donne del Movimento Cristiano Lavoratori,non va delegata a nessuno!

 

Michele Fusari ( presidente MCL del territorio )

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