Il moderno cacciatore di formiche si distingue e si riconosce per l’utilizzo degli strumenti di caccia, anzi, dello strumento: lo stuzzicadenti giapponese con le estremità acuminate. Nel passato s’era tentato di utilizzare il formichiere, ma essendosi dimostrato quest’ultimo refrattario a qualsiasi forma di addomesticamento (cazzo, le formiche se le mangia tutte lui!) si è dovuti ricorrere ad altri sistemi. Le ragioni per cui le formiche commestibili (ottime con le barbabietole) oggi costano come il plutonio sono da ricercarsi, per l’appunto, nel radicale mutamento dei sistemi di raccolta, a far capo dalla stazza degli stessi cacciatori. I migliori sono gli abitanti dell’isola di Lilliput, situata dalle parti di Sumatra, forse a sud est, ma non sempre la si trova, questione di pazienza. Nel caso la si trovasse bisogna avere l’occhio fino, perché i cacciatori abili sono quelli giovani, rigorosamente di sesso maschile.

E anche questo è un problema, perché ce l’hanno talmente piccolo che sovente non si vede. Non che le femmine siano incapaci di cacciare le formiche, anzi, la qualità della loro attività è superba e assai articolata; solo che perdono troppo tempo e un loro ettogrammo di merce costa quanto una pietra preziosa. E poi fanno delle menate circa la circonferenza e il peso specifico degli stuzzicadenti. Insomma, il Giappone ha detto chiaro e tondo che se il mercato occidentale esige formiche cacciate da mano femminile lillipuziana, deve provvedere alla loro specifica richiesta. Diciamolo pure, un bel casino, tanto che i resti mortali di del vecchio Jonathan vennero profanati per un prelievo di Dna, attraverso il quale si riuscì a trovare un presupposto discendente. Che era alto poco meno di un barattolo e viveva felice e contento in Irlanda. I puristi ebbero a ridire: è possibile che il vecchio Swift, sia pure spirito libero, si fosse messo in tresca con una lillipuziana?  Ipotesi aberrante, dissero i perbenisti. Una menata da reparto ginecologico.

Beppe Cerutti

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