“Con la presente, e come già detto durante l’ultima assemblea dei soci tenutasi il 19 maggio 2016, ribadisco la mia volontà di procedere alla liquidazione delle quote possedute nella società da lei presieduta”, due righe che sono una bomba. Così Luca Cristiani, sindaco di Casaletto di Sopra, nella lettera protocollata il 21 maggio, da l’addio a Scrp, prosegue, “la motivazione risiede nel fatto che con la deliberazione dei varchi viene meno quel principio che dovrebbe sottostare ad una società partecipata dai comuni”.
Il motivo della lettera è semplice. Scrp ha deliberato sulla realizzazione dei varchi elettronici. Poco importa se c’erano 26 sindaci, quelli famosi della lettera e dei pecoroni, che si erano dichiarati contrari e che avevano chiesto lumi su alcuni punti. Cristiani è il primo ma probabilmente non l’ultimo che se ne va dalla società partecipata. Ieri il sindaco di Casale Cremasco Antonio Grassi, in un intervento pubblicato dal quotidiano La Provincia scriveva:
Via libera: i varchi si faranno. Ma attenzione, all’eccesso di velocità nella procedura per realizzarli. E se uno o più consigli comunali di sindaci che hanno approvato la delibera di Scrp a favore della loro realizzazione vota o votano contro questa scelta, cosa succede? La domanda non è peregrina perché, come ha sottolineato almeno due volte il presidente di Scrp, Pietro Moro, durante e dopo la votazione: «Chi approva non può più tirarsi indietro, chi è contrario, invece, può ancora rientrare». Forse il testo non è letterale, ma il significato non è contestabile.
E se adesso tutti seguissero Cristiani che succederebbe? No perché nella sua lettera il primo cittadino di Casaletto dice: “richiedo pertanto una valutazione del prezzo di ogni azione redatta da almeno due esperti”, ergo se i comuni ad andarsene diventano tanti quanti soldi escono da Scrp?
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