Su precisa disposizione della signora, approvata dal signore, quella sera ricomparvero in tavola le posate d’argento. Per la domestica fu un bel daffare sfregarle delle macchie di vecchiaia, ma si trattava di un coperto per due e la fatica non richiese eccessive maledizioni.
Madame aveva deciso di celebrare l’anniversario del suo odio verso il marito che, consapevole, se ne stava rinchiuso nella sua camera a scrivere memorie che celebravano l’odio maturato nei confronti della moglie dopo vent’anni di matrimonio.
La domestica propose una cena leggera: minestrina in brodo di gallina, fettine di vitello al vapore con limone e profumo di spezie, accompagnate da una parsimoniosa guarnizione di lattuga. Per finire una pallina di gelato all’amarena.
Col cazzo! La padrona chiese una “entrèe” con palle di toro andaluso trifolate all’aglio e prezzemolo marocchino; il padrone optò per i bocconcini di pollo al curry con patate al forno steccate con chorrizo serrano e profumate al coriandolo. Concordarono sull’iniziale bevanda d’accompagnamento: un birra leggera, tale da permettere un rutto discreto. Il resto fu conseguente ma, a parte una leggera nausea da parte del personale di servizio, i contendenti non ebbero a soffrirne.
A fine cena la signora si accese un mezzo toscano ben stagionato, lui una sottile sigaretta bulgara aromatizzata ai chiodi di garofano. Tra le spire del fumo si guardarono negli occhi.
“Mi hai sposata per il mie soldi, bastardo!”
“Faccio presente che il capitale della mia famiglia vale altrettanto, e frutta. Puttana!”
“Posso ritirarmi?” chiese la domestica.
“Vai pure, cara. Ma prima tira fuori i preservativi che tieni nel cassetto del comodino!”
Beppe Cerutti
*Dipinto di Giancarlo Vitali