Nessuno dei figli versò una lacrima. Radunati attorno alla fossa non aspettavano altro che la bara vi fosse calata. Per dovere c’erano tutti, ma per dolore era come se non ci fossero.

Non fissava il feretro, come ci si sarebbe aspettati da una vedova in gramaglie: dietro il velo volutamente sottile, gracile, scrutava le persone, giusto per avere l’ulteriore riconferma che anche per lei non c’era alcun affetto bensì le tracce di una insofferenza del resto ricambiata.

Briciole di cattiveria.

Il disagio si era propagato tra i presenti, almeno tra quelli più intimi. Un bisbiglio lieve, qua e là, pudicizia al veleno: “Che cosa ti puoi aspettare da una famiglia nata per congiunzione di capitali, per interessi palesi e superiori alle vestigia di antichi rancori, come si usa per salvare le apparenze e allargare le proprietà?”

“Parla a voce bassa, ci possono sentire.”

Non se la sentiva di dargli torto: “A parte il primo, nato per l’illusoria ubriacatura del giorno di nozze, gli altri arrivarono per dovere. Come madre non dovrei negare affetto a nessuno di loro, li ho fatti io. Eppure non li amo. Sono il risultato di una furia che ho subìto. Frutti segnati dalla prevaricazione, anche se certe cose non potrei mai dirle in confessione, il prete non capirebbe né potrebbe approvarle.”

I figli tornarono alle loro case, agli svaghi e ai prosperi affari. Anche per loro erano stati combinati buoni matrimoni, soldi per soldi, ne più ne meno come per il suo.

Il sacerdote chiese il permesso di accompagnarla per un tratto,  almeno fino all’automobile in attesa fuori del cimitero. Di certo le avrebbe rivolto appropriate quanto superflue, inutili parole di conforto dovute al magistero che gli spettava: “La volontà del Signore è ineluttabile” o cose del genere.

Invece proprio no: “Riconosco che l’estinto, in vita, non è mai stato capace di farsi amare nonostante fosse un benefattore della Chiesa, ma l’indifferenza con la quale i suoi figli hanno seguito la cerimonia funebre è stata notata da tutti. Una cosa veramente disdicevole. Non un minimo accenno di pietà. Se fossi in lei li richiamerei in adunanza casalinga per una profonda riflessione circa i doveri morali; come ben sa, cara signora, anche se non c’è amore, c’è un obbligo non scritto ma vincolante nei confronti della sua casa prestigiosa. I miei ossequi.”

La donna lo guardò allontanarsi ed ebbe un moto di stizza: “Misero impudente, come se non mangiasse dalle mie mani! Però ha ragione: quella marmaglia inghingherata a lutto quasi rideva alle parole di circostanza del povero intonacato.”

Giunta a casa ordinò alla taciturna governante di prepararle un bagno caldo. Su quel volto di pietra antica le parve di cogliere l’ombra fugace di un sorriso, ma non di commiserazione bensì di sollievo: “Anche lei, dunque…”

Immersa nella vasca inseguì una vago pensiero: “Quando nelle vene ti circola sangue gramo anche i sali profumati servono a poco…” La donna si mise a piangere e non certo per debolezza. Ricordò che un giorno di molti anni prima, non vista, aveva udito lo sproloquio di un domestico ubriaco: “Sangue marcio, ecco cosa sono. Se potessi li ucciderei tutti con le mie mani.”

Che cos’è l’amore? A volte un atto di giustizia: “Uccido solo i miei figli o anche nuore e nipoti?”

I piccolini non c’erano, data la gravità della riunione.

Il poderoso Mannlicher, fatto modificare appositamente dal defunto marito ai tempi in cui si dedicava alla caccia grossa, diede ancora buona prova di sé: bastarono un paio di caricatori e fu una strage orrenda: “Sangue che non conosce amore non deve vivere.”

Il finale di questa tragica storia vorrebbe che l’ultimo colpo lo riservasse a sé stessa…

“Signora,  pensi bene a quello che ha in mente di fare.” La voce della governante le giunse severa, quasi seccata: “Col macello che ha combinato mi ci vorrà almeno un mese per pulire e rimettere tutto quanto in ordine!”

Beppe Cerutti

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