Martini ma quindi era o non era un chiarista?
Oddio ecco quello che fa le interviste impossibili. Ma che volete che mi importi della definizione che da 50 anni stanno cercando di affibbiarmi o non affibbiarmi i tromboni della critica artistica. Sono più preoccupato semmai che i miei concittadini che capitano in via Carlo Martini ai Sabbioni pensino: “oh ma guarda hanno già dedicato una via al cardinale”. Poi di quello che ero o non ero. Ma chi se ne importa.
In verità Fayer che dice di essere suo discepolo dice: “Martini non è un chiarista lombardo, è una personalità già più internazionale”.
Ringrazierò Carlo non appena lo vedo. Ma io non avevo discepoli. Le pare che uno che nel pieno della sua vita artistica nel 1943 ha dovuto fuggire in Svizzera per finire internato comunque in un campo di prigionia aveva tempo di pensare ad allievi, discepoli o a che diavolo di movimento potesse essere etichettato? Ma dai. Ripeto. La catalogazione in correnti e sottocorrenti è un difetto da critici. Esiste in tutte le forme d’arte: dalla musica alla scultura. E la pittura non si sottrae.
Sia come sia lei è considerato tra i maggiori pittori lombardi del XX Secolo.
Ma si e che conta? Sono morto da poco più di 50 anni e in città non si ricordano più di me. Meglio organizzare personali del dipingi croste del momento, che però magari ha seguito, amici, soldi che pensare alle radici o anche alla storia recente della cultura cittadina.
Non mi attacchi il movimento artistico locale dai, dopotutto in città ci sono un sacco di mostre ogni settimana.
Non fatemi ridere. Di chi? C’è gente che dipinge a stento una natura morta, magari stilizzandola per nascondere l’incapacità e attaccandosi all’arte moderna, che si crede il nuovo Picasso. Dai smettiamola. Radici e impegno.
Lei iniziò come disegnatore industriale.
Ecco appunto. E ho fatto la Statale d’Arte di Firenze, l’Accademia di Belle Arti di Brera, sono andato a Londra a studiare… Insomma la formazione in certi campi conta. Oggi invece tutti autodidatti. Che nulla di male contro l’esserlo ma mica tutti sono dei geni. La maggior parte sono dei pastrugnoni esimi.
Così però non si fa voler bene in città sa?
Importa poco. Per me l’arte era febbrile. Sa che internato in Svizzera riuscii ad organizzare una mostra con altri detenuti. A costo della mia salute.
Ecco appunto. Morto a soli 50 anni nel 1958. Avrebbe potuto traghettare la città artistica del XX Secolo invece.
Invece sono l’ennesimo personaggio medaglietta che viene tirato fuori di tanto in tanto dai suddetti tromboni ma che nessuno davvero conosce a fondo.
E le pesa?
Un po’ si. L’ultima mostra di un certo rilievo nella mia città risale al 1991. Sono passati quasi 25 anni. Nel 2007 a Cremona mi hanno fatto fare una collettiva con: Arata, Beltrami e Argentieri. E va bene. Ma non meritavo una cosa da solo?