Da buon ascoltatore musicale ossessivo compulsivo mi ero chiesto con che canzone una band che non sale sul palco da tre decenni potesse aprire la scaletta. ovvio che dovesse essere qualcosa di altamente rappresentativo. Così quando alle 21.15 si apre il sipario in un Teatro del Viale di Castelleone competamente sold-out e le luci blu illuminano un Enrico Ruggeri in gran forma , chitarrone elettrico imbracciato, che attacca Walk on the wild side di Lou Reed sono spiazzato ma comprendo appieno la scelta.
Partenza programmatica. Introduce Silvio Capeccia e Fulvio Muzio che salgono sul palco uno alla volta e prendono posto. Tutti e tre di nero vestiti, occhiali da sole, emozione si ma evidente anche la grand voglia di attaccare. Gli anni del silenzio, dal nuovo disco Noblesse Oblige, che verrà proposto tutto praticamente, dimostrando di essere un gran disco (tolti un paio di corpi estrenei più affini al Ruggeri chanossonier che rock).
L’emozione per me arriva alla prima canzone storica. La Rockstar, uno dei pezzi di Punk, anno 1978, storia di un fan che ammazza il suo idolo scritta due anni prima dell’uccisione di John Lennon. Nessun brano della carriera solista di Ruggeri, e ho apprezzato la scelta, era un concerto dei Decibel e non di Ruggeri mascherato. Avevo pensato che potesse starci Punk prima di te. Nessun brano dal pur bellissimo terzo disco dei Decibel senza Ruggeri, quel Novecento del 1983 conteneva brani stupendi sconosciuti ai più.
Alla voce spazio anche ai compagni di viaggio, ad esempio con la saltellante A disagio, cantata da Silvio Capeccia, e contenuta in Vivo da re, secondo e ultimo disco della formazione storica, anni di grazia 1980. Ai due classici che Ruggeri si è portato nella carriera solista ovvimente la parte del leone nei bis. Così Vivo da re e Contessa fanno cantare tutto il pubblico.
Anche un altro paio di cover. The Man Who Sold the World, di David Bowie, riportata alla celebrità dai Nirvana nel 1994, e una didascalica ma travolgente Sweet Jane di Lou Reed. Chiusura con My my generation, singolo del nuovo album che ha gia il peso di un classicone. Sparatissima e con quel finale con i nomi delle band adorate negli anni 70 e 80 recitate a mo di mantra: Bowie, cale, Lou Reed and Talking head…
Certo un concerto del genere visto seduti a teatro ti fa saltare sulla sedia. Li vedrei volentieri tipo a luglio all’aperto in piedi con un paio di birre nelle gambe. Adesso partono per altre 9 date. Speriamo che non sia una operazione unatantum perchè ha le gambe per canmminare e sarebbe bello vedere dove va perchè, come amano dire loro, un po’ sboroni milanesi, ma un fondo di verità c’è: “metà dei gruppi rock italiani suona come il primo disco dei Decibal, l’altra metà come il secondo”.
Emanuele Mandelli