Marignoni, ma aveva creduto davvero che avremmo parlato esperanto?

Ci avevo creduto davvero non ci avevo sperato soltanto. Guardi che la musica moderna arriva anche qua che crede, sa quante volte me l’hanno cantata dal 1992 quando è uscita? Centinaia.

Ma pensa che bella sorpresa. Ma a parte le battute e le citazioni canzonettare come ama fare il nostro presidente del consiglio (comunale) ad ogni pie sospinto, ci aveva creduto davvero?

Certo che si. Le pare che altrimenti mi sarei impegnato per la pubblicazione della prima grammatica dell’esperanto in lingua italiana? Avrei potuto dedicarmi ad altro, guadagnare bei soldini con la mia professione ad esempio.

Ecco ma ci chiarisca una volta del tutto era medico, notaio, avvocato?

Le rispondo come risposi al questionario del Lingva Komitato: Non ho una professione ufficiale di alcun tipo: sono un ex aiuto notaio, mi applico alla stenografia, tengo i libri e la cassa di diverse amministrazioni. Poi per anni c’è stata quella cosa strana per cui mi hanno creduto medico. Solo perché nell’Enciclopedia degli esperantisti sono definito doktoro. Ma va tradotto laureato. Dottore si dice kuracisto.  Comunque ero laureto in giurisprudenza e avrei potuto fare l’avvocato. Ai tempi a Crema c’era un tribunale sa?

Ecco un altro che vuole entrare in polemica, cambiamo argomento. Cosa vi spingeva in questa follia delle lingue sintetiche?

Al limite lingua pianificata, o lingua ausiliare. Ma come cosa ci spingeva? Avevamo visto oltre io e soprattutto Ludwik Lejzer Zamenhof. Avevamo visto il sogno dell’Europa unita prima che cadesse preda di qualche analista economico stordito e lo trasformasse in un incubo monetario.

Che fa mi parla da anti europeo lei?

Non sia mai. Prima che esperantista sono stato volapukista. E ho iniziato di fatto il movimento esperantista in Italia, ben prima che diventasse una moda anarchica da primi del ‘900. Non potrei mai essere antieuropeo. Ma per uno come me che ha coltivato il sogno di un europa unita prima di tutto grazie ad una lingua, cioè il vero tessuto dell’unione di una serie di nazioni, vedere che oggi si sta uniti per trattati economici e poco altro fa male. E la anticipo. Non mi parli di quella barbarie dell’inglese semplificato. Mi fa ribrezzo.

Insomma sottoscrive la lapide che le hanno dedicato il 22 dicembre del 1956, a Milano, alla dedicazione a suo nome dell’istituto Professionale per il Commercio: a Daniele Marignoni, che primo introducendo in Italia lo studio dell’esperanto, lingua universale, offrì agli uomini di buona volontà un efficace mezzo per meglio conoscersi ed affratellarsi, docenti ed alunni dedicano.

Si. Non è buffo che mi hanno dedicato un istituto per il commercio? E non è buffo che a Crema mi hanno dedicato una viuzza nel 1970 che praticamente nessuno sa dove è?

Ecco la cosa delle vie la chiediamo a tutti i nostri ospiti, ci pare di capire che lei non è soddisfatto della sua?

Ma mi interesso poco. Continuo a sudiare anche qui. Qui una lingua universale l’hanno davvero. Per la via che vuole che le dica. Se ne sta li, con i suoi 30 metri, la dove c’era l’erba verde e ora c’è una città.

Nulla le piace la musica leggera italiana, mai pensato ad un disco in esperanto?

Oddio sa che sarebbe niente male. In fondo è una lingua molto musicale. Non so se quando facevo parte del Lingva Komitato ssarei stato d’accordo. Difendevamo l’ortodossia della lingua. Pensare che potesse essere usata per qualche canzonetta. Ma forse avrebbe fatto bene alla diffusione. Bisognava pensarci sin dal 1905. Ma quel giorno a Boulogne-sur-Mer avevo in mente altro.

Sa che le sue spoglie mortali rischiavano di sparire nel 2005?

Si ho seguito la cosa. Se non fosse stato per gli amici esperantisti le mie ceneri invece che al famedio si troverebbero nel vento, cito ancora canzonette dai. Invece con una cerimonia di cui non si ricorda nessuno l’allora sindaco Ceravolo le fece traslare. Tanto meglio. Ma mi piacerebbe che si facesse un convegno, qualcosa per parlare ancora di esperanto e parlare ancora esperanto a Crema. Sogno?

Guardi con quello che succede oggi da noi, dove l’integrazione tra popoli non è così ben vista, sarebbe di certo una bella cosa. Ma dubito.

Dubito anche io. Credo che i miei libri non si trovino neppure nella biblioteca cittadina.

Non lo sappiamo, gireremo la domanda alla Moruzzi. Grazie Marignoni.

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