Eravamo già al terzo giro e per chi è pratico di osterie sa che da lì in poi ogni momento è  buono per superare il confine tra la realtà e la trascendenza. Mi chiese il Simo’, gran affabulatore e sciupa femmine, al momento orfano di occasioni: “Lo chef questa sera cosa prepara?”. Lo chef c’est moi, che orfano lo sono ormai da tempo immemorabile: “Pomme de terre au vapeur avec erborinn und alien and extra virgin oil y vin agre”. Il carattere “internazionale” della mia cucina era ormai  cosa assodata, ma siccome alla “gargotta” c’è sempre un ignorantone di troppo, m’è toccato fare anche la traduzione: “Patate lessate con prezzemolo aglio olio e aceto, sale quanto basta”.

Il Simo’, che quando si mette a spaccare i coglioni è uguale a un primatista (primate?) da oro olimpico, aggiunse ammiccando: “E da bere?”

“Sì va be’, ma di primo cosa c’è? E insieme alle patate che cosa ci metti?” aggiunse l’incolto. Un trita palle e un deficiente, quando li metti insieme, formano una miscela tanto esasperante quanto micidiale.

“Vino bianco del ‘Rene’… Ti va bene? Fa anche rima con bere, che cazzo vuoi di più? In quanto al primo piatto, ‘capelli d’angelo en soupe express’ aromatizzata al basilico”.

Ora è bene precisare che l’osteria è un luogo assolutamente democratico, ove il concavo e il convesso sono tali in esclusivo rapporto al punto d’osservazione dei singoli individui. C’è chi osserva una linea curva dalla cima di una montagna e chi, invece, preferisce cavillare stando agli inferi e noi, come al solito e nel più assoluto rispetto verso la sacralità del luogo, stavamo “faceziando”.

Prego?

Cazzo, che palle: neologismo arbitrariamente ricavato dall’aggettivo “faceto”, ovvero lepido, scherzoso, ameno, eccetera. Del resto è noto a tutti che le persone, in relazione alle circostanze, o sono serie oppure epigrammatiche. Quelli della mia razza, modestamente, si reputano “scherzosamente ermetici” e non a caso si ritrovano presso la Casa del popolo”: un “kombinat” che spaziava dalle uova sode alle riflessioni rivoluzionarie del Grande timoniere e del bidello della scuola elementare che stava lì di dietro.

“Mi pare una cena ospedaliera” disse l’insipiente. “Però se organizziamo pronti via, ci metto una scatola di piselli e un paio di pomodori”.  Il Simo’, che ai tempi era un gran bastardo, aggiunse: “Se facciamo una corsa riusciamo a recuperare un pollo strafritto in rosticceria…”.

“Pronti! Qui c’è un marenghino… Compra anche i calamaretti e un po’ di merluzzo. Insomma, ripulisci le bacinelle!”

E quello lì chi è?

Quello? Cicicipi, tranquillo, un fedele alla linea.

Una pizza…No?!

Per quelli del biliardo tre Napoli, una Margherita e una Quattro stagioni, però al posto dei funghi dicci di mettere gli asparagi con sopra un uovo in camicia.

Ma va a cagare!

“Happy hour” all’osteria “Hammer and Sickle”. Non so se mi spiego.

 Beppe Cerutti

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