Puntuale come l’autunno in Valpadana è arrivata la polemica 2013 per il contributo facoltativo agli istituti scolastici. Tale contributo è composto dalle tasse scolastiche obbligatorie (circa 30 euro) e centesimo più centesimo meno, da un centinaio di euro facoltativi per ampliamento dell’attività curricolare.

Il primo difetto di fabbricazione che si incontra è nella semantica: facoltativo dovrebbe significare che è lasciato a scelta personale, ma per esperienza questa accezione non viene rimarcata. Lo scorso anno, iscrivendo mia figlia in prima superiore, la ricevuta di codesto versamento era tra i documenti obbligatori per l’iscrizione e non nella quota delle tasse scolastiche, ma nella sua interezza.
La seconda pecca sta nel voler creare nella scuola pubblica percorsi di serie A e di livello inferiore, infatti pur garantendo a tutti il percorso curricolare, in alcuni istituti si paventa la lettera scarlatta per chi non ha adempiuto all’obbligo facoltativo: laboratori e corsi di preparazione specifici saranno frequentabili solo da chi ha pagato.

Credo che portare la discussione sul piano del servizio pubblico sia piacevole dialetticamente, ma abbastanza sterile: paghiamo la sanità (non tutti), i trasporti (non tutti) e anche la scuola si adegua.
Altrettanto nobile, ma infruttuoso, sarebbe lanciarsi nello stilistico attacco ai tagli perpetrati da Governo ed Enti Locali all’istruzione che vengono compensati dagli oboli chiesti al cittadino.
Io auspicherei una soluzione più pragmatica, forse non propriamente risolutiva dal punto di vista etico, ma almeno trasparente.

Chi puó paga. Chi ha gravi difficoltà economiche viene esentato, pur godendo di parità di servizi; ma anche chi, pur non essendo in grave indigenza, comunica difficoltà nel pagamento ( ricordo che a settembre si sono pagati i libri di testo e, soprattutto chi ha più di un figlio, magari non riesce a sborsare altri 300 euro il mese successivo) venga agevolato con rateizzazioni mensili o anch’egli esentato dal farlo.
Dall’altro lato della barricata sarebbe opportuna una trasparenza massima: mostrare classe per classe a cosa viene destinato il contributo, così da rendere evidenti i fini dell- partecipazione richiesta alle famiglie.

E poi, in uno sforzo di logicità basilare, auspico che nessun istituto chieda più di far portare i contributi agli alunni (questo succede solitamente per i contributi di modesta entità nelle scuole di grado inferiore) o di consegnare ai collaboratori scolastici le ricevute dei versamenti  il versamento nominale effettuato sul conto della scuola già basta a tracciarne il mittente): i ragazzi non devono essere coinvolti in nessuna forma discriminatoria che riguardi questo argomento e non devono essere messi in mezzo al “tu hai pagato?” che deve restare nel confine del rapporto istituto-genitore.
Che poi alla fine se ci addentriamo nel lato più pratico, nella scuola pubblica siam tutti uguali: la carta igienica nei bagni è finita per ogni sedere.

Barbara Locatelli

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