Paura è la “parola d’ordine” voluta nelle vie di Roma, dal potere, dalla politica nazionale e cittadina, dall’informazione fino ad arrivare nei pronto soccorso, quelli intorno alle zone della manifestazione sono stati svuotati e presidiati dalle forze dell’ordine. Quale miglior occasione per i nonni acciaccati per farsi fare le visite che aspettano da mesi!
Vie e stazioni metro chiuse, negozi chiusi, bus di manifestanti bloccati, cassonetti spariti, niente macchine, tutto per incutere vero terrore.
Le “parole d’ordine” del #19o, #sollevazionegenerale, #assedio, sono poche, sono semplici e molto e facilmente condivisibili.
Una sola Grande Opera: diritto all’abitare, diritto al reddito (traduci come: casa, lavoro, dignità sul lavoro, salario minimo garantito, no allo sfruttamento nostro e di qualsiasi altra persona in qualsiasi parte del mondo o proveniente da qualsiasi altra parte del mondo, le traduzioni sono tante). La crisi facciamola pagare ad un sistema economico e politico che sulla crisi mondiale e permanente ci vive. E certo la soddisfazione di queste elementari necessità richiama, così a random, anche il diritto alla salute, all’istruzione, alla cultura, fosse mai, anche al sorriso.
E queste “parole d’ordine” sono così condivisibili che a queste giornate hanno partecipato praticamente tutti, tutti quelli che non si sentono più rappresentati dalle istituzioni politiche anche se di sinistra, che infatti hanno manifestato il 12 in difesa della costituzione, bello per carità, ma così distante.
Gli organizzatori e tutti quelli che hanno aderito sono talmente tanti che è impossibile fare un elenco. Descrivere tutti gli spezzoni del corteo del #19o ancora di più.
Movimento per il diritto all’abitare in testa, Cobas, USB, Or.sa, USI, Comitato Acqua Pubblica, movimenti di base e centri sociali da tutt’Italia e di ogni tipo. I No, poi erano infiniti: No TAV (i più famigerati e temuti: che paura! Tra l’altro sostenitori e non organizzatori), NO Dal Molin, No MUOS, No Mose, No discarica al Divino Amore, NO, NO, NO! Lavoratori, disoccupati, inoccupati, sottoccupati, sfruttati di tutti i tipi. E migranti (o emigrati o immigrati che dir si voglia) delle più diverse nazionalità di origine, che sfilavano a seconda della categoria a loro più vicina: occupanti di case, tipo di lavoro o sotto lavoro, movimento, partito o sindacato in cui si sono riconosciuti. E bambini, tanti bambini.
Arrivare a San Giovanni il 18 pomeriggio è stato strano. Non sentivo rumori insoliti, via Merulana era congestionata come sempre, negozi aperti, però niente macchine parcheggiate e nessun secchione o cestino (la carta del mio panino ha fermentato nella borsa!). Ecco, non c’è nessuno, che cazzo! E invece la piazza era piena di tende, stand dove si mangiava o si aprivano tavoli di discussione (ognuno con i microfoni o megafoni che coprivano gli altri ed era impegnativo per l’udito quanto per l’intelletto), dal palco il soundcheck per la serata, manifestanti stremati e i romani che arrivavano o ritornavano alla spicciolata. Una voce su tutte, microfonata, imperiosa, potente: “Oh! Qua ce dovemo pure dormi’! Avemo già riempito la piazza de monnezza! Forza! Famo i gruppi de raccolta! Differeziata!”. Ho sorriso.
Arrivare a San Giovanni il #19o è stato ancora più strano. Non che non avessi mai visto le città chiuse per “motivi di sicurezza”, spesso senza motivo, ma vedere la propria città trasfigurata fa sempre un certo effetto. Via Cavour, Piazza Santa Maria Maggiore, Via Merulana, sta volta davvero chiuse: niente auto, secchioni, cestini, nemmeno un’anima in giro, nessun ristorante, bar, negozio, tabaccaio aperti. Gruppetti isolati di evidenti manifestanti che aspettano il corteo; un poliziotto, secondo lui in borghese, ma con la radio in mano, che ci segue passo passo, eppure siamo due donne di cui la più alta aspira al metro e sessanta e in due, forse, arriviamo a cento kg.
Il silenzio è assordante. La tensione di “prima della battaglia”. Cammino per la mia città e penso “28 giorni dopo”. Eppure dovrebbe essere un giorno di lotta ma anche di festa, perché quando le persone si riappropriano delle loro vite lo fanno per poterle vivere al meglio e col sorriso.
E infatti poi la festa arriva. Ed è Via Merulana piena: di persone, bandiere, striscioni; la composizione del corteo è così vasta e trasversale che non si può descrivere nel dettaglio, l’ho già detto. Posso aggiungere alcuni particolari: persone di età e provenienza sociale e politica assolutamente eterogenea, migranti da ogni dove e la mia amica che dice “Perché questi cittadini consapevoli, più di noi, non dovrebbero avere pari diritti!” ed io penso “Cittadini del mondo, altro che NO Global! Questa è la globalizzazione che mi piace!” , i Clown Army che giocano a far chiudere l’unico locale aperto, una pizzeria di egiziani, dove tutti comprano viveri e vanno fare pipi, un paio di bombe carta che esplodono ma nessuno fa una piega. E una voglia sfrenata di stare insieme: musica, murga, urla dai megafoni, compulsivi appiccicatori di adesivi, spacciatori di volantini, gruppi organizzati di writers e ogni occasione di contatto – un piede pestato, una gomita, una spallata, una bandiera in faccia – è un’occasione in più per sorridersi.
E se avete sentito o letto di una Roma messa e ferro e fuoco, lasciate stare, non dategli retta.
Qualche città devasta veramente l’ho vista, anche la mia, e il #19o, vi assicuro non rientra nel caso. Anzi qualche romano ha anche rimproverato il corteo di essere stato troppo tenero!
L’obiettivo – #assedio ai palazzi del potere, #Lanostravitaèdegnadiesservissuta, questo l’ho appena inventato io, non lo cercate – una volta tanto, era così preciso e condiviso che è stato portato avanti comunque; con determinazione, anche coraggio, e consapevolezza.
70 mila (stimate dalle forze dell’ordine, quindi fate un 20 mila in più) sono tante e possono fare un pò paura. Anche se si va avanti con il sorriso.
E infatti a Porta Pia il corteo è arrivato. E ci è rimasto più del previsto. Una notte di festa e una giornata per mettere a fuoco il senso di questo momento e di quello che si può fare.
Il Ministero delle Infrastutture è un buon posto per ragionare quali siano le Grandi Opere che rendano degne le nostre vite. Alla fine a chi servono la TAV, il MUOS, il Mose o anche l’Expò 2015?
Oh! Per carità, qualcuno di noi potrebbe anche essere impiegato a tempo determinato o come Co.co.co o come Contratto a Progetto o addirittura con P.IVA …
FraR*
*attrice romana di adozione cremasca