Inizio a scrivere questo articolo (o diario?) da qui, nella mia stanza al 10 di Via San Gervasio a Bologna. Sono al secondo dei tre giorni che ho deciso di passare in questa favolosa città e che non smette proprio mai di sorprendermi; decido quindi di raccontare la mia esperienza in queste righe.
- GIORNO 1 (18/03/14)
Sveglia alle 7 del mattino per andare a prendere il treno in stazione a Soresina. Un viaggio all’insegna del culo: a Fidenza, dove avrei avuto un cambio con più di un’ora d’attesa, mi trovo un treno regionale che ferma a Bologna Centrale. Ne approfitto e riesco a salire proprio un secondo prima della chiusura delle porte. Dopo un’oretta di viaggio dal mio finestrino vedo l’enorme cupola di San Luca in cima ad una collina e così capisco di essere arrivato.
Questa volta Bologna mi accoglie in un modo unico: sul piazzale della stazione due uomini sulla quarantina urlano e si spingono, fregandosene di tutti quelli che come me li stavano guardando. Poi partono pugni e in faccia e calci sugli stinchi; io, divertito e confuso, prendo la strada che porta verso il centro. Finito di sistemare le mie cose in camera arriva l’ora di pranzo e decido di andare a mangiare un boccone nella storica trattoria Da Vito, l’osteria degli artisti di Bologna. Al muro sono appese foto di Lucio Dalla, Francesco Guccini, Claudio Lolli ma anche di De Andrè e Gaber: tutti seduti ai tavoli di questo posto che se potesse parlare avrebbe un bel po’ di storie da raccontarci. Pranzo con tagliatelle alla romagnola, salamella alla griglia e patate al forno, vino da bere e caffè alla fine del tutto. Al momento di pagare riesco a scambiare due parole con Paolo Pagani (figlio dello storico Vito e attuale proprietario dell’osteria) che mi fa uno sconto di 50 centesimi sul conto dicendomi: “Non sono un cazzo! Sono una caramella alla menta: che la prenda io o che la prendi tu non cambia un cazzo!”.
Esco felice e con la pancia piena e mi fermo davanti alla porta del 43 di Via Paolo Fabbri. “Non c’è Francesco! È a Pavana!” mi dice una voce alle mie spalle. Un anziano signore con maglioncino blu, braghe in fustagno e coppola in testa mi si presenta davanti: è Franco, 74 anni e anche lui abita in via Fabbri.
Parliamo per circa mezzora in cui lui mi dice di essere violinista e che da Vito ha conosciuto Guccini, Dalla e Morandi (anche se quest’ultimo gli stava sui coglioni). Mi racconta che ha lavorato in Ducati ai tempi dell’ingegner Taglioni (conserva gelosamente una foto insieme a lui a casa) e dice: “A me la moto non me la volevano dare mica! Avevano paura che ci speculassi rivendendola, ma io la volevo perché mi piaceva la Ducati!”. Insomma, un bolognese d.o.c.! Quando il dottore gli ha detto che a lui la bicicletta fa male lui gli ha risposto: “Ti fa male a te lavorare fino alle 2 di notte al posto di essere a casa tua a guzzare con tua moglie!”. Io gli racconto che sono chitarrista e cantante e gli parlo di tutti i miei progetti. Lui mi dice: “Cazzo! Ma sei un grande anche tu!”. Ci salutiamo e io ritorno in camera per riprendermi dall’abbondante mangiata.
Verso le sei decido di scendere per un aperitivo al Senza Nome: regalo una copia del mio libretto e il gestore non ci crede. È quasi commosso quando gli spiego che in quelle pagine ci sono i posti più belli in cui sia mai stato tra cui, appunto, il Senza Nome.
Cena in un fast food in centro e decido di fumare una sigaretta in Piazza Maggiore. Dopo un giro in Via Zamboni mi fermo in un’enoteca in via Petroni per un ultimo bicchiere di vino della giornata.
Sono venuto qui per cercare un po’ di tranquillità, perciò serata con un bel film e lettura prima che il sonno sopraggiunga.
- GIORNO 2 (19/03/14)
Incredibile ma vero, sono riuscito a dormire otto ore precise! Non ricordo il tempo (forse anni) che non mi capitava una notte di tranquillo sonno come questa appena passata! Dopo la colazione decido di farmi del male: prendo la strada verso il negozio di chitarre più bello che ci sia. Chiunque abbia la passione per la chitarra elettrica conosce Tomassone, uno dei pochi dealer Gibson in Italia in cui si possono trovare modelli mai visti nemmeno in foto. Tanto per rendere l’idea, vi sono in esposizione delle Les Paul appartenute realmente a Slash, Jimmy Page o la storica SG di Angus Young! Il mio solito sadismo nell’entrare in questo posto pur sapendo di non potermi permettere una Gibson qui in vendita…
Ritorno verso il centro storico e, percorrendo la Via Maggiore, mi fermo a fumare una sigaretta sotto il Portico dei Servi di Maria. È proprio mentre sono qui seduto sul muretto di fianco alla chiesa che mi viene voglia di scrivere. Improvvisamente. Non è come mi capita di solito: questa volta è proprio un’esigenza, come se fossero anni che non scrivo più. Bologna può avere anche questo effetto su di me, incredibile!
Decido di andare alla Ricordi in Via Ugo Bassi e mi prendo una Moleskine (la prima della mia vita) e una biro per passare le ore più calde della giornata in camera a scrivere.
So per certo che voi che state leggendo non ci crederete mai, ma anche la seconda serata la voglio dedicare alla tranquillità. Riprendo a scrivere queste righe alle ore 21:30 circa e sono già sul letto in mutande a godermi il peggio della televisione italiana!! Sono in vacanza? Allora è giusto staccare anche dai vizi delle serate balorde. Ora credo che mi metterò a leggere prima di prendere sonno. Domani si parte per tornare a casa e non mi sento per niente pronto per il rientro.
- GIORNO 3 (20/03/14)
Io credo che tutto sia ben calcolato: non esiste il caso. Almeno, io parlo per me, poi ovviamente ci sarà chi la pensa diversamente. Ma nella mia esperienza mi sento di dire che ogni minimo dettaglio di una brutta giornata è calcolato fino all’ultimo minuto. Qualcosa nei due giorni precedenti, fra treni in anticipo e sole da spaccare le pietre, mi aveva già avvisato di stare in guardia dalla sfiga che si trova proprio dietro ogni angolo della mia vita.
Partiamo da una notte completamente insonne, con un insopportabile mal di gola e forti sintomi da febbre alta. Al risveglio delle poche ore di sonno tribolato, mi ritrovo una Bologna dal cielo grigio come se volesse sottolineare il fatto che tu stai facendo (e ti tocca farla) una cosa che non vorresti assolutamente fare, e cioè lasciarla di nuovo.
Cielo grigio come grigio è il mio umore mentre sono qui seduto su un gradino in Piazza Maggiore. Ma nonostante questo non ce la fa a farsi odiare Bologna. Mi basta staccare gli occhi dal cielo e dal suo grigiore per vedere il rosso dei mattoni del castello e di San Petronio, mi basta girare un poco la testa per vedere l’imponente statua del Nettuno sopra la fontana davanti alla biblioteca e di colpo capisco che non riuscirei mai a voler del male a Bologna. È una città che ti sputa in faccia l’arte anche da sotto i sassi: come farei ad odiarla?
Sono cosciente del fatto che per molto tempo forse non la rivedrò e non voglio lasciarla male, con un saluto da amaro in bocca: posso dire che in tasca il numero della responsabile degli eventi del Senza None e magari prima o poi si potrebbe organizzare un concerto qui a Bologna. Mentre ho scritto questa frase (lo posso giurare) un raggio di sole ha bucato e nuvole e per pochi secondi mi ha scaldato la schiena: capite ora perché affermo con tanta convinzione che tutto sia ben calcolato?
Sei proprio una gran stronza quando devo partire, insisti nel dirmi: “Da domani ti mancherò caro mio… e non poco!” e io lo so che hai ragione…
Ti voglio bene Bologna. A presto!
Pier Solzi