Tu non ricordi ed io non dimenticherò mai: You don’t remember, i’ll never forget, il titolo del brano che apre Trilogy, il disco che lancia nella stratosfera dei guitar hero di Lars Johan Yngve Lannerbäck, ovvero Yngwie J. Malmsteen. Il biondocrinito chitarrista di Stoccolma che era sbarcato negli Stati Uniti un paio di anni prima e dopo un paio di comparsate in gruppi da rock da radio FM rock minori, come Steeler e Alcatrazz si lancia finalmente nel suo progetto personale, che sarà interrotto tra un anno da un terribile incidente fatto con la sua Jaguar XKE che lo terrà in coma per parecchio tempo. Un’odissea, Odissey sarà infatti il disco del comeback nel 1988.
Tu non ricordi ed io non dimenticherò mai. Sabato 20 dicembre del 1986 il nome dei Medalllo appare per la prima ed ultima volta sulla colonne di un giornale locale. Si comincia a parlare delle feste di fine anno e un articoletto viene dedicato alla festa privata a tema heavy metal che è stata organizzata laddove per anni si sono tenute feste di tutt’altro genere. Ci sono i nomi delle tre band che saliranno sul palco in quella notte: Medalllo, Pane Selvaggio e Decay, ultimi arrivati, dediti al un metal più cupo, con accessi sinfonici, avevano visto molto avanti, al basso l’amico PP. C’ero io dietro a quell’uscita e quel pezzetto di carta lo conservo ancora. Il mio nome sui giornali negli anni avvenire ci finirà spesso, quasi tutti i giorni negli ultimi 15 anni come firma delle pagine locali di un quotidiano. Ma quello è il pezzo a cui tengo ancora di più. Avevo quasi implorato il giornalista, un bolso signore che allora vedevamo come un Dio, ma era solamente uno dei tanti dopolavoristi da stampa locale, di infilare un pezzetto su quella festa. Credevo che vedere il nostro nome sui giornali avrebbe dato un minimo di coesione alla band per arrivare a fare questo benedetto concerto.
Massimo nell’ultimo mese aveva provato almeno dieci volte con i Pane Selvaggio e due con noi. Ero andato nella loro sala prove a vederli. Impressionanti. Una macchina da guerra martellante. In un mese avevano messo su un repertorio di 15 pezzi. Brani di Kreator e Sodom ma anche un paio di pezzi di Massimo. Erano belli cazzo. Mi chiedevo perché non aveva mai provato a tirarli fuori con i Medalllo.
Quando provai a canticchiarli tra me e me capii il motivo. La mia scarsa estensione vocale non mi avrebbe mai permesso di cantare in maniera decente quei pezzi, dove comunque il cantato era in secondo piano. Davanti a tutti le svisate tecniche di chitarra di Massimo. In un mese era diventato praticamente il leader dei Pane Selvaggio.
Cavolo quanto era bravo. Per una volta potevo guardarlo suonare da un punto di vista diverso: non mentre mi sforzavo di suonare ma da spettatore. Per una volta non era costretto a rispettare i levigati confini degli assoli della coppia di chitarristi dei Maiden ma poteva anche improvvisare o comunque metterci il suo stile. E che stile. Veloce, tagliente, ritmico e melodico nello stesso tempo.
A fronte delle dieci prove con i Pane Selvaggio ce ne erano state un paio con noi. Stanche e bolse. Si provava un paio di volte la scaletta, distrattamente, e poi rompete le righe. L’aria che girava era: facciamo sto cazzo di concerto, sbaracchiamo tutto e andiamo per i cazzi nostri.
Le differenze caratteriali tra di noi alla fine erano esplose. Io per assurdo avevo legato con Paolo, che era il più giovane tra noi. Stefano aveva alfine trovato una donna e veniva alle prove con lei, si vedeva chiaramente che della musica gli importava sempre meno. Lavorava, aveva una donna, era stufo dei confronti con l’ingombrante fratello. Suonava e poi scappava via. Non c’erano più nemmeno un paio di minuti per suonare la nostra versione di Party girl.
Mauro un po’ era migliorato anche se era davvero poco sicuro di se, ma metteva da parte la sua proverbiale timidezza e si vedeva che si esercitava parecchio. Probabilmente con qualche altro mese di tempo, e altra gente, sarebbe stato in prima fila per sostenere il concerto.
Per assurdo era Fabrizio, oramai esterno, a tenerci uniti. Alla fine la festa nel capannone era organizzata da lui e ci teneva a fare bella figura come talent scout e come organizzatore. Sarebbe stato il suo lavoro per i 20 anni a venire. Veniva alle prove e guardava in maniera quasi paterna Paolo. Stava iniziando a frequentare Sabrina, quella che sarebbe diventata sua moglie, non era pressante come Melissa, stavano davvero bene assieme.
Fissammo un’ultima prova, due giorni prima del concerto. In quell’occasione avremmo anche iniziato a sbaraccare la maggior parte delle cose dalla sala prove. Fondamentalmente tutto, lo scarso materiale musicale.
I due divani, e le poche masserizie e carabattole che avanzavano le avremmo recuperate i primi giorni del 1987 e le avremmo portate in discarica. Dopodiché avremmo riconsegnato le chiavi della saletta.
C’era un aria davvero mesta. Un anno di avventura non aveva portato a nulla. Ne a delle amicizie durature ne ad un progetto concreto. Neppure l’idea di fare un cazzo di concerto metteva le ali ai Medalllo. Era un dente da togliere e un impegno da rispettare e basta.

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