Ci sono testi la cui forza rimane vivida anche col passare del tempo. LA COSCIENZA DI ZENO, capolavoro di Italo Svevo, appartiene senz’altro a questa categoria. Scritto negli anni venti, mantiene intatto il suo fascino, la sua patina brillante, il suo smalto. Forse per questo il Teatro San Domenico martedì sera era affollato da un pubblico divertito che ha accompagnato ogni quadro in cui è scandito il lavoro con calorosi applausi: certamente la presenza di Giuseppe Pambieri nell’ottimo cast di cui si avvale Maurizio Scaparro, il regista, ha contribuito a richiamare tanti spettatori, le cui aspettative sono state pienamente soddisfatte dalla qualità dello spettacolo.
Pambieri, calato nei panni del protagonista, ne ha tratteggiato il carattere con la solita bravura dando un’altra prova del suo talento; ha infatti evidenziato la complessità e scandagliato le pieghe più riposte dell’anima di Zeno, identificandosi completamente con lui, con la naturalezza che gli conosciamo. Ne è scaturito uno Zeno convincente, ironico, con risvolti umoristici e drammatici insieme, di cui è posta in rilievo la connotazione cardine della personalità: l’incapacità di affrontare i momenti critici della vita.
Intorno a lui si sono mossi tutti gli altri attori con perizia consumata: Nino Bignamini e Giancarlo Condé, entrambi con un duplice ruolo ( Condè regala un irresistibile dottore con accento tedesco); e, in ordine alfabetico, Silvia Altrui, Margherita Mannino, Guenda Goria, Marta Ossoli, Antonia Renzella, Raffaele Sincovich, Anna Paola Vellaccio, Francesco Wolf.
La vicenda si dipana sullo sfondo di una Trieste liberty da Belle Epoque in interni dagli arredi monumentali con un imponente orologio, a ricordare il rapporto conflittuale di Zeno con il tempo che scorre inesorabile. Molto gradevole, la pièce, con la guida sapiente e raffinata di Scaparro, si snoda catturando appieno l’attenzione della platea, in armonia con le scene disegnate ad arte da Lorenzo Cutùli, con i deliziosi costumi creati da Carla Ricotti e accompagnata dalle belle musiche di Giancarlo Chiaramello
La pièce è un classico della letteratura drammatica e Scaparro l’ha messo in scena nell’adattamento di Tullio Kezich del 1964 con un ottimo risultato. Il dramma è arrivato sul palco del San Domenico dopo una lunga tournée nelle più importanti città dello stivale, dove ha raccolto ampi consensi. L’anima profonda del dramma è rispettata da questa bella edizione, in una lettura mai banale e sempre appagante. Pambieri, in forma smagliante, sa offrire una interpretazione elettrizzante, con una recitazione pertinente, misurata, leggera che raggiunge l’eccellenza nel monologo conclusivo, costellato di riflessioni acute sulla vita, definita “una malattia” e non da poco, infatti è sempre mortale.
Dalle affermazioni, dalle scelte e dai comportamenti di Zeno emerge la portata innovatrice dei temi cardine dell’opera, ispirata a elementi inediti, come la nascita della psicanalisi. Se ne evince la forza rivoluzionaria che ha influenzato in larga misura la generazione successiva di drammaturghi, illuminandone la produzione. Grande e meritato il successo: gli attori sono stati richiamati alla ribalta più volte tra i lunghissimi applausi del pubblico che ha davvero gradito la bella serata.
Eva Mai