Cara figlia, ritengo che sia giunto il momento in cui ti parli più come un’amica, come una sorella maggiore che non come una madre. Le metafore dell’immaginazione seguono delle vie che non sempre vengono intuite, almeno sul momento, e che hanno a che fare con i desideri carnali cui, purtroppo, anche noi andiamo soggette, ma solo di tanto in tanto.

Vorrei iniziare con i classici preambolo perbenisti, ma non me la sento. Preferisco entrare subito nel merito della questione, consapevole che inizialmente la storia che sto per raccontarti potrebbe risultare traumatica.

Quando a Vienna partecipai al gran ballo delle esordienti ebbi l’occasione di conoscere un giovane aristocratico ungherese, ufficiale di fresca nomina al servizio delle truppe di Sua Maestà Imperiale Francesco Giuseppe. Un giovanotto distinto, anche se un po’ impacciato. Gli concessi un paio di giri di valzer, dopo di che si fece ardito chiedendomi il permesso di riaccompagnarmi al posto che mi era stato assegnato dall’etichetta di Corte, reggendomi la mano. Guanti bianchi su guanti bianchi. Non sto a fartela lunga: dopo un po’ eravamo talmente inebriati da credere che gli Strauss, padre e figlio, avessero scritto le loro leggiadre melodie soltanto per noi. In quella sua strana lingua mi sussurrò che avrebbe voluto “sgrufolognarmi” dentro una bolla di sapone. Sfrontato come tutti i militari magiari, aggiunse che in lui palpitava il desiderio di avvolgermi nello zucchero filato per poi consumarmi brano a brano sorseggiando champagne. A dire la verità un poco palpitavo anch’io, mi sentivo arrossata e senza fiato. E fu a quel punto che commisi l’errore: mai cedere alla premura, perché mentre lui stava narrandomi dell’estasi che avrei provato a seguito del suo preventivato cappotto di saliva, a me scappò di dire: “Sì va be’, ma dopo scopiamo?!”

Hai capito, figlia mia adorata? Mai fidarsi delle altrui metafore dell’immaginazione. Sono sempre preludi lunghi e stucchevoli e indignazioni precoci.

Ps. Se ti capitano tipi come quello li, prendi precauzioni, sono buoni soltanto a farti fare dei figli.

Baci, tua madre.

Beppe Cerutti

 

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