Tutti i giorni, quasi tutti i giorni, alle 9, alle 11 e alle tre del pomeriggio sento il campanone del Duomo suonare a morto. Il batacchio triste mi avvisa che il feretro sta entrando in chiesa e mezz’ora più tardi mi ricorda che la cerimonia funebre è finita e che la salma verrà riconsegnata alla terra. Rintocchi mesti che si spandono aerei lungo strade indaffarate e indifferenti. Chi per caso presta orecchio al campanone, se fedele, mormora un rapido requiem e tira via a testa bassa, più per timore della morte che non per viatico alla persona defunta. Se fuori del Tempio attendono persone conosciute, allora  ci si avvicina, si chiede, sempre sperando che la Buon’anima sia persona lontana, meglio ancora sconosciuta. In caso contrario bisogna spendere parole di circostanza, il più delle volte ricercate dentro un oblio remoto e sbrindellato. Si partecipa all’attesa nel corretto uso della buona educazione: porgere le condoglianze ai familiari, alcuni in lacrime, i più facili verso cui condolersi.

Tutto questo lo sento e lo vedo, perché da anni entro ed esco da un bara che è sempre piena di difetti: una volta è troppo corta, l’altra troppo lunga, sovente stretta di spalle…

P.Odalico

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