Cosa dovrà diventare Scrp?  L’interrogativo tiene banco, soprattutto da quando i sindaci-soci hanno iniziato a chiedere delucidazioni sulle scelte della società e del Comitato ristretto. Organismo, quest’ultimo, che ha perso il suo ruolo di cinghia di trasmissione tra la base e il Consiglio di amministrazione, per trasformarsi in un club Bildelberg della Repubblica del Tortello. Dunque, il tema del futuro della società, nel linguaggio social, è trending topics  e non esiste un sindaco che non auspichi un dibattito sulla questione.  Dibattito, costruttivo, diamine. Alcuni accorati interventi sulla vicenda assomigliano ad omelia di vecchi parroci di campagna che invitano  i parrocchiani alla concordia e all’unità. Un tocco di vintage che mette tenerezza e rende meno aridi i milioni di euro e i giochi di potere che ruotano intorno a Scrp. Alcuni si augurano che qualche rappresentante dell’ancien régime faccia un passo indietro. Questi qualcuno si dicono disposti ad arretrare ma, eredi dello  smemorato di Collegno, dimenticano la promessa. E così succede che alla Guerra dei Roses, subentri Via col vento: «Dopotutto domani è un altro giorno».

In attesa del dibattito costruttivo, è utile riflettere su quello che Scrp  non dovrebbe essere.

Scrp  non dovrebbe essere una passerella per avvocati. Negli ultimi mesi ad ogni riunione dei soci il consiglio di amministrazione si è sempre presentato accompagnato da un legale diverso da quello  presente nell’incontro precedente e l’assemblea ha sempre preso una direzione discorde da quella consigliata dal consulente di turno. E’ successo per la delibera secretata sulla gara di Igiene ambientale e sull’opzione per l’acquisto di azioni di Padania Acque. Gli avvocati hanno svolto il loro lavoro in modo professionale e ineccepibile. I sindaci-soci hanno sommato le valutazioni giuridiche a quelle politiche e scelto una strada differente da quella suggerita. Certo, i soci pagheranno le parcelle, ma è un dettaglio.  Insomma Scrp non è uno studio legale, anche in considerazione che presidente e vicepresidente sono loro stessi avvocati.

Scrp non dovrebbe essere ostaggio dei soci più grandi, e ostaggio non venga inteso in senso  letterale e spregiativo. Crema in Scrp pesa tanto quanto una ventina di piccoli comuni. E’ decisiva sempre e comunque. Nulla da eccepire: in una spa, si vale per il numero delle azioni possedute e non per una testa, un voto.  Ma Scrp è una società di comuni e la questione dovrebbe essere più complessa. Martedì scorso sulla gara di igiene ambientale, tredici soci (Casale Cremasco Vidolasco, Casaletto Ceredano, Casaletto di Sopra, Chieve, Dovera, Gombito, Monte Cremasco, Ricengo, Ripalta Cremasca, Ripalta Guerina, Romanengo, Salvirola, Vailate)  si sono dichiarati contrari e due (Agnadello e Vaiano) si sono astenuti sull’inserimento della pulizia dei mercati giornalieri e settimanali nei servizi base.  Hanno proposto di lasciare la partita negli opzionali come in origine. Proposta bocciata, eppure i quindici sindaci rappresentavano quasi il 30 per cento del numero dei soci.  Non cambia nulla è stato detto, anzi è vantaggioso per tutti. Allora perché non sono stati inseriti anche gli altri servizi opzionali?  Successivamente tre comuni (Casale Cremasco Vidolasco, Casaletto di Sopra, Vailate) hanno votato contro e cinque  (Casaletto Ceredano, Chieve, Dovera, Gombito, Monte Cremasco) si sono astenuti sull’approvazione dei contenuti essenziali degli atti di gara e quindi del proseguimento della stessa.

Scrp non dovrebbe essere stazione appaltante per il modo in cui ha gestito e gestisce la gara di igiene ambientale. Perchè? Per le polemiche sul conflitto di interessi del direttore, per la mancata tempestiva comunicazione delle sentenze del Consiglio di stato, per le citate  delibere secretate, per il un tourbillon di comunicazioni e contro comunicazioni che si smentivano a vicenda, valzer del contrordine che si è ballato da luglio all’altro ieri.  Per le informazioni degli ultimi giorni inviate ai soci a tappe che pareva di partecipare alla caccia la tesoro con l’ultima inviata alle sette di sera del lunedì, giorno prima della votazione.

Scrp non dovrebbe essere motivo di  divisioni con soci di serie A e soci di Serie B. I primi meritevoli di fiducia e degni di accedere a tutti i documenti e i secondi un po’ meno affidabili e  portati a votare martedì una delibera con documenti smagriti di venti pagine di omissis.  E non è una giustificazione sostenere che le parti mancanti erano visibili in Scrp. Se qualcuno ricorre contro la delibera per le parti omesse? E possibile approvare un atto incompleto? O che potrebbe non essere conosciuto nella sua completezza? Quanti soci si sono recati in Scrp a leggere i paragrafi stralciati?  E che diavolo, o si ha fiducia nei sindaci, oppure no. E una società che non ha fiducia nei propri soci che l’hanno delegata per una missione impegnativa come la gara  di Igiene ambientale è una società destinata a chiudere.

Scrp non dovrebbe nascondere le osservazioni recepite dai soci  e inserirle nel capitolato senza discuterle con l’assemblea e senza indicare chi le ha proposte. Invece così è avvenuto. La querelle sulla pulizia dei  mercati è la testimonianza di questa stortura. Ma tant’è. Contano in muscoli.

Scrp ha fallito. Continuare con un dibattito costruttivo o chiuderla?  Per i piccoli comuni esclusi dalla stanza dei bottoni non sarebbe una tragedia uscirne. E’ un’opinione personale. Il poeta dice che dopo il brutto tempo torna il sole. Per ora ci sono ancora nuvole. Nuvoloni.

Antonio Grassi

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