Sanremo terza serata. La serata delle cover da sempre è la mia preferita. Si sente della musica che si conosce, si fa meno fatica a stare svegli… di solito. Ma quest’anno il bel narcotico nazionalpopolare CarloMaria, come dice Crozza, è micidiale. La serata inizia che sono ancora a tavola. La sfida tra i 4 giovani la fanno veloce e ovvimente cacciano i due che erano piaciuti a me. Tommaso Pini e Valeria Farinacci. Il primo soprattutto con Cose che danno ansia si candida a tormentone radiofonico. Vedremo se ci prendo. La seconda con la rima sacrificio – panificio prende il premio rima azzardata della sala stampa di Sussu.

In finale ci vanno Lele e Maldestro se la vedranno con Francesco Guasti e Leonardo Lamacchia. Solo uomini in finale. Si parte con le cover. E Amara terra mia di Modugno (e Enrica Bonaccorti, santo cielo non lo sapevo) è da brividi. Infatti vince. Poi arriva don Albano con Pregherò ed è subito gita parrocchiale. La Mannoia massacra Sempre e per sempre di De Gregori facendola diventare una lagna sanremese. Cedo.

Mi risveglio su Masini che ricorda Faletti. Tra la strada del ritorno e poi a casa mi sento distrattamente un Celentano di Susanna bel cantato da Francesco Gabbani, sarà lui il fenomeno lo so, un Samuel che mostra lew radici Moody Blues e Nomadi, un Sergio Sylvestre sempre più convincente. Su Lp ricrollo e manco il Dopo festival e il Dopo dopo festival possono ma la sveglia delle 6.30 che come da un po’ è Texas flood di Steve Ray Vaughan.

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