L’immagine della classe politica è già molto deteriorata, ma spesso i nostri ministri ci mettono del loro per aggravare questa opinione. In questi giorni, hanno destato scalpore le affermazioni del ministro del Lavoro Giuliano Poletti che, davanti ad una platea di studenti a Bologna, ha espresso un concetto riassumibile nella frase “si trovano maggiori opportunità lavorative giocando a calcetto piuttosto che mandando curriculum“. Poletti non è nuovo ad affermazioni di questo tipo, ricordiamo quando invitava i cervelli in fuga a non rientrare, ma in questo caso le sue affermazioni sono ancora più gravi.
Forse il ministro non ha torto descrivendo la realtà italiana dove le conoscenze prevalgono sulle competenze, quello che è inaccettabile è che il massimo riferimento nazionale delle politiche del lavoro non ribadisca che il principio regolatore deve essere quello meritocratico. Siamo il paese delle raccomandazioni, del “sono amico/parente di”, tuttavia mi sarei aspettato che il Ministro si occupasse delle soluzioni. Rispetto allo scenario europeo l’Italia ha un tasso triplo di mismatch e un tasso doppio di sovraeducati, questo vuol dire che il problema non è il “mandare curriculum”, ma piuttosto il percorso di formazione e lavorativo contenuto nello stesso!
Il governo e i suoi ministeri (compreso quello del lavoro) devono dare risposte ad un mercato del lavoro che troppo spesso è in disequilibrio rispetto all’offerta formativa dei nostri istituti scolastici e universitari. L’orientamento scolastico dovrebbe essere migliorato presentando agli studenti l’effettiva opportunità lavorativa di ogni percorso formativo. L’università dovrebbe rivalutare per quali percorsi prevedere un numero chiuso e riconsiderare quelli dove invece non ha più senso mettere uno sbarramento così forte in entrata.
Da un Ministro della Repubblica mi aspetto soluzioni a questi problemi, non affermazioni come quelle pronunciate agli studenti bolognesi. Sicuramente le aziende valutano anche aspetti extracurricolari del candidato, magari anche la capacità di lavorare in team (come nel calcetto). Tuttavia, la scelta del nuovo lavoratore è sempre basata sulla reale capacità di fondersi e contribuire nel tessuto produttivo, e non certo sulla capacità di segnare un calcio di rigore.
E’ proprio il caso di dirlo, le affermazioni di Giuliano Poletti sono da “cartellino rosso”.
Daniel Bressan