C’era una volta, almeno sino al mese di giugno 2014, il cosiddetto bel giuoco d’avanguardia, propositivo, bello da vedersi (anche se forse poco redditizio), sbarazzino e stilisticamente eccelso del buon e bravo mister Cesare Prandelli un tempo detto pure Claudio. Quelli erano i tempi, post Fiorentina, dell’intrigante rappresentativa azzurra appunto allenata (o selezionata che dir si voglia) da Prandelli, il quale, solo dopo qualche giorno, in pratica però si fece travolgere, con la squadra e tutta la rappresentativa, in quello che resta uno dei peggiori Mondiali di Calcio di tutta la storia pallonara italica.
Ebbene, da allora, vale a dire da quella maledetta estate brasiliana, Prandelli ha messo insieme poi soltanto parentesi professionali sfortunate prima in Turchia (Galatasaray) e poi recentissimamente in Spagna (in quel di Valencia), senza dimenticare le possibilità, sfumate al fotofinish o mai del tutto approfondite, di guidare l’estate scorsa prima l’Atalanta e poi la Lazio.
Insomma, calcisticamente parlando, Prandelli da due anni abbondanti, per carità presumibilmente per colpe non tutte attribuibili a lui, sta passando un periodaccio. Ed è un vero peccato poiché le idee per tornare a fare calcio come di deve, il tecnico in fondo le ha. Tra l’altro, soltanto pochi mesi fa, alla vigilia della sua partenza per Valencia, Cesare Prandelli da Orzinuovi aveva apportato qualche modifica al suo staff, inserendo, nella rosa dei suoi collaboratori, l’orceano d’adozione, nonché ex trainer del Pergo, Renzo Ciulli. Purtroppo per lui e per loro tuttavia, l’esperienza iberica, dove per la cronaca la situazione non era proprio rosea, ecco è finita anzitempo e con le dimissioni in blocco. E adesso, di nuovo e suo malgrado fermo ai box, Prandelli aspetterà il vento giusto per provare a ripartire a vele spiegate.
Stefano Mauri