La considerazione è che siamo ad un passo dal vedere i grandi classici del rock trasformati in partiture classiche e suonati nei teatri alla stessa stregua e con la stessa dignità delle partiture di musica classica. E sarebbe ora. Questa è la considerazione che viene da fare dopo aver visto, sabato 21 marzo nella splendida cornice del Teatro Sociale di Soresina, lo spettacolare, ma anche rigorosissimo, concerto del Floyd Machine Quartet.

Perché rigorosissimo? Perché sul palco i quattro musicisti che compongono il side project del Floyd Machine, storica cover band (ma oramai chiamare queste formazioni cover band è ampiamente riduttivo) dei Pink Floyd propone solamente brani del gruppo inglese risalenti al periodo psichedelico, 1967 – 1972, utilizzando esclusivamente materiale sonoro d’epoca.

Incredibili organi Farfisa, enormi Hammond, chitarre, bassi, gong, effettistica, una batteria a doppia cassa con i piatti tagliati. Cose da anni ’60, di quei Pink Floyd che colpirono l’immaginario di una generazione lisergica. Lo ha spiegato molto bene a fine concerto, prima di un bis che è stata l’unica concessione fuori periodo, Time, e un rifacimento di Atom heart Mother senza orchestra e coro, unica concessione allo storicismo non enciclopedico, il batterista Flavio Camorani, anima ritmica ed emotiva della band.

Il concerto aveva preso il via con i 23 minuti di Echoes che lasciano a bocca aperta il pubblico. Le due parti del concerto di Pompeii del 1972, quell’incredibile esperimento di concerto senza pubblico nell’arena della città napoletana che rese epici i Pink Floyd, che già nel cinema avevano detto più di una parole, con tre colonne sonore all’attivo tra cui quella di Zabriskie Point di Michelangelo Antonioni.

E’ incredibile sentire dal vivo quei pezzi di formazione che quasi nessuno dei presenti ha mai avuto l’opportunità di sentore live. Personalmente i Pink Floyd sono stato il mio primo grande concerto, Monza 1989, avevo 17 anni. Ma erano già la terza incarnazione dei Pink Floyd, quella spettacolare macchina da soldi e concerti messa su da David Gilmour dopo lo split con Roger Waters.

A proposito di Waters, lui stesso da qualche anno ha aderito all’idea che le partiture del suo gruppo possano essere lette come dei classici, riportando in giro The Wall con impianto scenico spettacolare. Ma torniamo Soresina sabato sera. La scelta di brani del gruppo di Foligno è incredibile per qualto filologica. Rifare quei brani come erano a Pompeii o su Ummagumma.

Difficilissime scelte, perché Saucerful of secret ad esempio, non è di certo il brano più facile e immediato da mettere in scena. Puro godimento. L’unico problema di questa operazione sarebbero le voci Ma in questo caso quella di Alberto Volpi, bassista della band, e quella di Filippo Salomoini, chitarrista, hanno sonorità e aderenze con quelle originali. Grande serata. Grazie all’associazione Soresina music movement per il regalo.

Emanuele Mandelli

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