“Nell’estate 1999 (per intenderci quella di Madonna di Campiglio, quella del fermo d’ufficio precauzionale causa il tasso d’ematocrito nel sangue eccessivamente elevato) incontrai Marco Pantani. Voleva chiedere alla Federciclo di avvalorare la tesi del complotto nei suoi confronti. Avrei invece preferito che il caso rappresentasse lo spunto per lanciare la campagna per uno sport pulito, con un nuovo Pantani nelle vesti di testimonial”.
Parlava così Giancarlo Ceruti, (cremasco doc a quei tempi presidente della Federazione italiana ciclismo), a margine della presentazione di un libro, in un’intervista rilasciata al settimanale L’Opinione, nell’inverno (lunedì 2 febbraio, quindi 12 giorni prima della drammatica fine del Pirata, trovato poi morto la sera del 14 febbraio in un residence della Romagna) 2014.
Il territorio Cremasco al ciclismo ha sempre dato parecchio: Pierino e Adriano Baffi, Francesco Arazzi, Marco Villa, Ivan Quaranta, Devid Garbelli, Serina, Alessandro Guerra e tanti altri ancora rappresentano il nutrito gruppo di moschettieri che, al ciclismo a dato parecchio. Quaranta (era considerato, alla fine degli anni Novanta l’erede del Re Leone Mario Cipollini, ma ahimè si rivelò una meteora) tra l’altro con Pantani era pure in buoni rapporti.
Il rapporto quindi, o meglio, il filo virtuale ma concreto che unisce il leggendario Pirata della due ruote a Crema è, a suo modo forte.
Per questo, per omaggiare la memoria del buon Marco, per riflettere e pensare, martedì 6 maggio dovremmo andare tutti in teatro, al San Domenico e assistere con partecipazione alla rappresentazione del “dramma” Pantani di Marco Martinelli, spietato affresco teatrale sulla misteriosa Italia degli ultimi trent’anni.
Stefano Mauri