Luigi Griffini crede ancora che l’agricoltura possa salvare l’Italia?
Lo credevo e lo credo. Perché pensate diversamente? Altro che presidente operario. Io ero il Senatore contadino. Ma sul serio. Oddio qualcuno che a Roma si interessa di agricoltura da Crema lo vedo anche oggi. Ma non lo vedrei nei campi a lavorare come facevo io nonostante fossi un avvocato di prestigio.
Griffini mi avevano detto che era uno tranquillo e nella prima domanda ha già tirato frecciate a destra e a sinistra. Si sbagliavano? E come mai non si stupisce di questa intervista?
No, non si sbagliano. Solo che amo dire la verità. Cosa che oggi fanno in pochi direi. Non mi stupisco perché oramai questa balzana iniziativa è nota qui da noi. Sono tutti in attesa di essere intervistati sa. Ne avete di lavoro da fare. Ma torniamo a noi. La crisi si salva curando come si deve la cosa pubblica. Io lo feci. Lo feci davvero. Almeno quanto amavo l’agricoltura.
Lei ha fatto una carriera brillante. Da sindaco di Madignano a senatore del Regno e prima ancora eletto alla Camera. La stimavano tutti bipartisan.
Al mio tempo non esisteva questa brutta parola. I cremaschi mi elessero nel 1869 per difendere e portare a Roma le istanze di questo stupendo territorio. E io lo feci. Lo feci forse troppo bene visto che ad un certo punto mi chiamarono ad essere Senatore. Era il 1881.
Lei si fece portavoce e collaboratore del Lanza nella delicato ordinamento dell’amministrazione centrale e provinciale. Cosa pensa oggi che vogliono abolirici questa nostra piccole lunga e stretta provincia?
Mi spiace. Si potrebbe fare diversamente e ugualmente risparmiare. Invece si taglia dove capita e si lasciano città e territori senza servizi. Ho visto del tribunale e adesso sto vedendo che vi preoccupate dell’ospedale. Ma dove andrete a finire?
Non getti un ombra scura sulla Città Giocattolo. Non faccia che dobbiamo cambiare il nome a Crema.
Bisogna iniziare dalle cose piccole ma concrete. Sa che io spesi anni a combattere la filossera dei vigneti. Qui si produceva del buon vino. Adesso invece si pensa macro e si agisce micro. Ergo si sparano grosse e non si fa mai un cazzo. Passatemi la parolaccia.
Passata. Lei tra Camera e Senato non mancò un sol giorno e si occupo di mille cose concretamente.
E oggi non si fa. Chi lo fa più oramai. Io a Roma ci morii addirittura. Il 10 marzo del 1899. Avrei voluto vederlo il ‘900. Nessuno dei miei figli seguì le mie orme.
Lei fu anche direttore del Teatro Sociale a Crema. Come vede la cultura in città oggi?
Male. Farebbero tutti meglio ad andare nei campi a zappare la terra. Che almeno qualcosa di buono si farebbe.
Ultima domanda che facciamo a tutti. Soddisfatto della via che le hanno dedicato?
Si poteva fare meglio. Ci sono vie dedicate a non cremaschi in centro che potrebbero ricordare grandi figure. Ma poteva andare peggio. Peggio invece se si parla di come sono ricordato. Non ho neppure una scheda decente si Wikipedia. Tre righe. Fu un politico italiano. Ma che politico. La politica è sociale. Lo sa lei?
E come no. Apriamo un dibattito?
Ma lasci perdere. Finiamola qua dai.