Nei giorni scorsi, presso la Biblioteca comunale di Crema, è stato presentato un interessantissimo dizionario storico etimologico che prende in considerazione i cognomi della Lombardia; nello specifico quelli relativi al Cremasco, al Cremonese e al Casalasco. Gli autori sono Valerio Ferrari e Andrea Finocchiaro, l’editore è Mauri 1969 di Cremona. Un’opera di assoluto rilievo che, tra le altre cose, come è segnalato nella presentazione, “rappresenta una piacevole occasione per soddisfare la curiosità sul significato del proprio cognome” e anche per non perdere la “memoria” perché, dentro e dietro i dati dell’ufficio Anagrafe, ci sono storie antiche che hanno vissuto la Storia.
Come tutti, anche il sottoscritto è andato direttamente a cercare il proprio cognome.
È stato un autentico trauma esistenziale, cioè il ripetersi di un ormai dimenticato (così credevo) sconvolgimento infantile, quando venivo preso in giro dai compagni di classe: “Cerutti Cerutti Cerotto Cerotto ah ah ah!”. A quella sopraffazione mi ribellai cercando conforto nella “istruzione” empirica dei più grandi. Alla fine ne ricavai che i miei avi niente avevano a che vedere con le “pecette”, bensì si rifacevano alla nobile stirpe di coloro che quotidianamente avevano a che fare con i cerreti, impenetrabili boschi di querce abitati da gnomi e folletti che tenevano prigioniera la Principessa. Un po’ più in là con gli anni, in pieno fermento rivoluzionario, mi consacrai all’idea che i Cerutti fossero boscaioli oppure falegnami. Insomma, traslazioni onomastiche oppure no, il ramo paterno della mia famiglia per forza di cose doveva aver avuto a che fare con il legno, espressione primordiale della natura governata dall’uomo.
Ho quasi settant’anni e in questa certezza sono sempre orgogliosamente vissuto. Poi mi arrivano quei due qui, il Ferrari e il Finocchiaro, e mi mandano a puttane tutto quanto. Secondo loro il mio cognome non ha niente a che fare con le mie convinzioni: prima di me ci sarebbero di gran lunga i Boschiroli e i Cerri, mentre Cerutti deriverebbe dall’aggettivo medievale “cerratus”, vale a dire “munito di frangia” che “dal primitivo riferimento a tessuti, può trovare applicazione, con facile senso traslato, a caratteri umani.” E i due gli danno dentro per sconvolgermi l’anima con il cambio di vocale: “Cerrutus: boccoluto, riccioluto.”
Ma quando mai? Come i miei predecessori, nel rispetto della tradizione patronimica, sono calvo da quando sono nato!
Beppe Cerutti