“In quel tempo l’imperatore Augusto con un decreto ordinò il censimento di tutti gli abitanti dell’impero romano. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a far scrivere il loro nome nei registri, ciascuno nel proprio luogo d’origine. Anche Giuseppe parti da Nazaret, in Galilea, e sali a Betlemme, la città del re Davide, in Giudea. Andò là perchè era un discendente diretto del re Davide, e Maria sua sposa, che era incinta, andò con lui….” (Vangelo di S.Luca, cap. 2, vv. 1-5)

Antefatto

Betlemme, nel quarantunesimo anno del regno di Augusto, era una piccola città della Giudea. Il governatore della Siria, Publio Quirinio, vi aveva lasciato un esiguo presidio. La città era tranquilla e non richiedeva una forte guarnigione come la vicina Gerusalemme. Il comando era affidato infatti ad un civile, tale Caio Secondo Bettus, Magister rei aedificatoriae. La vita scorreva tranquilla, a Betlemme: certo i capi della sinagoga non brillavano per inventiva in una città che stava perdendo importanza nel panorama della Giudea romana, con un progressivo impoverimento economico e una sempre più evidente incapacità di essere punto di riferimento per il proprio territorio.

La storia

Caio Secondo era tutto preso dai suoi pensieri, nella sera di quello che nel calendario moderno sarebbe stato il 24 Dicembre dell’anno zero. Mentre camminava con la sola scorta dell’amico centurione tra le stradine buie, nella sua mente i ricordi si alternavano alle preoccupazioni del presente, in modo quasi ingarbugliato: frammenti della sua vita passata composti come un film disordinato, le notizie preoccupanti della situazione politica della regione … e poi, ancora, gli impegni di lavoro del giorno successivo, nel tentativo di mettere ordine nella sua agenda mentale!

Non era tranquillo, Caio Secondo, né avrebbe potuto esserlo con il peso delle responsabilità che la vita ogni giorno gli riversava sulle spalle: non una grande responsabilità certo, ma quella di un uomo comune che vive la sua vita quotidiana con la sua famiglia e che, arrivato a sera, vorrebbe potersi guardare dentro e dire – davanti allo specchio e davanti agli dei – di aver svolto onestamente il suo compito. Già, ma quale compito?

Pensava, Caio Secondo… l’indomani avrebbe dovuto mettere mano a un progetto importante. Aveva già qualche idea in testa e l’amico Vitruvio gli aveva lasciato tanti stimoli e tanti insegnamenti nel “De Architectura” …

Ragionava tra sé e sé, Caio Secondo… nei giorni seguenti avrebbe incontrato i notabili della città, scribi e farisei: i problemi economici stavano frenando lo sviluppo di Betlemme e non riusciva ad intravedere – lui, tecnico prestato alla politica – una via d’uscita alla crisi perdurante dell’economia ma, soprattutto, dell’identità della città e del suo territorio.

Tutte queste cose meditava Caio Secondo e, forse, il fidato centurione si stava chiedendo perché il suo amico fosse così taciturno… ma lo conosceva da troppi anni e sapeva bene quando era il caso di far valere il silenzio rispetto alle domande! Nulla lasciava presagire che di lì a poco sarebbe successo l’imprevedibile… la serata era fredda, era stata una giornata pesante anche per lui e non vedeva l’ora di rientrare a casa dalla sua famiglia, per godersi la cena e un meritato riposo.

“…. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per Maria i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.” (Vangelo di S.Luca, cap. 2, vv. 6-20).

Avvenne tutto all’improvviso… una grande luce invase la stretta via dove Caio Secondo stava camminando. Sembrava impossibile ma era tutto vero: la coda imponente di una stella indicava una direzione precisa, un brusio di gente spaurita era coperto da una dolce e soave melodia, qualcosa mai sentito prima! Caio Secondo, quasi spinto da una forza invisibile, affrettò il passo… la strada finiva in un’ampia radura, ai margini della cittadina. Nel terreno scosceso si apriva una grotta; al suo interno, dietro mamma e papà, un bambino coperto da un panno bianco… unico sollievo il fiato caldo di un bue e di un asino.

La razionalità voleva avere il sopravvento: in fondo, cosa c’era di strano? Una scena quasi ordinaria, in un mondo di povertà! Ma perchè tutta quella gente, perchè quella melodia e, soprattutto, perchè quella luce? Caio Secondo era quasi impietrito; avrebbe voluto andarsene ma una forza più grandi di lui lo teneva inchiodato lì… E, ancora, quella voce che ripeteva “Oggi è nato per voi un Salvatore…”. Non era un sogno, era l’inizio di una grande avventura, e lui ne era involontario testimone. Da alcuni anni viveva a Betlemme, aveva avuto modo di leggere, anche se in modo superficiale, la Bibbia, si era sempre meravigliato della tensione degli ebrei verso il trascendente, della loro quasi esasperata e spasmodica attesa del Messia… Tutta quella luce, troppa luce, inverosimile luce… non era naturale. Era il segno: i suoi dei di pietra, Giove, Apollo, Minerva erano statici, una serie inanimata di leggende… Quella luce era viva, quella voce era qualcosa di soprannaturale, parlava al suo cuore! E Caio Secondo si abbandonò a quello spettacolo: incredibile, un fatto così naturale come la nascita di un bambino diventa un evento soprannaturale che incide sulle coscienze.

In realtà, anche se ancora non se ne rendeva pienamente conto, Caio Secondo era in attesa… in attesa di qualcosa che desse un senso alla sua vita, di un ideale in cui credere, di una speranza in un mondo veramente più giusto! Si, una speranza, quella speranza che gli rimase per sempre nel cuore e che provocò in lui quella tensione interiore verso Dio, verso quel Dio che col tempo avrebbe imparato a conoscere e ad amare.

Epilogo

Duemila anni dopo… Sono passati imperi, sono caduti ideali … teorie sono crollate come un castello di carta sotto la forza inesorabile di un lieve venticello. Ma il ricordo di quella notte rimane, come rimane la speranza di saper vivere una vita più vera. Facciamo nostro l’invito di Gregorio di Nazianzo, Padre e Dottore della Chiesa: “È una medicina efficace, quando soffriamo, ricordarci di Dio e delle speranze ultraterrene…non angustiamoci nei nostri pensieri e non lasciamoci coprire dal dolore come da una nube.” E questa speranza in una vita nuova sia il migliore augurio di Buon Natale in questo travagliato anno 2013.

P.s. Ogni riferimento a fatti accaduti o a personaggi realmente esistiti è puramente casuale.

Enzo Bettinelli

Nella foto L'adorazione dei pastori di Caravaggio
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