Su una piccola altura circondata dalla savana si erge un maestoso albero, dalle fronde larghe ed
ombrose. Intorno vi è il nulla: solo qualche piccolo masso qua e là e terra rossa, per chilometri e chilometri fino all’orizzonte.
Nessuno sa come l’albero sia potuto crescere su un terreno così arido e inospitale, ma il suo fusto è solido, i rami robusti e le foglie dal verde profondo creano una nube di colore intenso, in netto contrasto con l’azzurro pastello del cielo luminoso.
Rispetto al paesaggio circostante, l’albero pare l’unica oasi di vita: di tanto in tanto è possibile osservare alcuni placidi animali trovare riparo e frescura sotto le sue fronde. Oggi una coppia di zebre, domani un branco di felini: le bestie arrivano quasi dal nulla, si riposano coperte dall’ombra e scompaiono nuovamente come sono venute. Anche gli uomini spesso si fermano ai piedi del tronco, dopo il tramonto. Alcuni sciamani di una tribù vicina hanno dipinto la corteccia con colori sgargianti, per simboleggiare la sua importanza.
L’albero è lì da secoli, ma sembra non mostrare i segni del tempo: anche dopo le ultime tempeste di luglio è rimasto immutato, immobile. Forse rimarrà così ancora per secoli, a vegliare sulla vastità di quel luogo surreale.
Eldar Erinaldi Stringhi