Curioso ma anche prudente come un gatto nel valutare le varie situazioni, perché non si sa mai… Una volta valutata la mappa dei rischi, possibilmente a livello zero, diventava invadente e fastidioso come una mosca. In altre parole, uno scassa coglioni resistente anche alla micidiale azione lubrificante dello Svitol. Era stato soprannominato “puntina da disegno” in quanto agiva e si fissava in maniera prolungata e dolorosa, indifferente a tutto: nella sua beata ignoranza esisteva una sola ragione, la sua.
Quando lo trovarono morto stecchito con un chiodo arrugginito conficcato nel bel mezzo della fronte, ci furono manifestazioni di giubilo nei confronti dello sconosciuto autore dell’atto brutale: non capita tutti i giorni di poter mandare a puttane la liturgica pietà cristiana al cospetto della morte.
Le autorità inquirenti, tuttavia, si trovarono di fronte a un quesito controverso. Il chiodo, infatti, era penetrato nella superficie frontale al contrario, non già di punta, come sarebbe logico aspettarsi, bensì di capocchia. L’efferatezza dei folli, si sa, non conosce limiti, ma già di per se piantare un chiodo nella zucca di un essere umano rappresenta argomento da manuale psichiatrico. Dunque? Supplemento d’indagini, i cui risultati lasciarono stupefatti gli investigatori.
Per le ragioni di cui sopra “Puntina da disegno” era conosciuto anche con altri appellativi, tra i quali primeggiava “crapa de sass”: “Per quel che ne so”, disse uno dei giubilanti, “il nomignolo gli piaceva.” I vicini di casa confermarono: “Alle volte faceva le prove contro il muro e guardi qui che roba!” La piastrellatura della cucina, di fatto, qua e là presentava crepe.
A quel punto venne deciso di chiudere il fascicolo sotto la dicitura “incidente autolesionistico”, perché se uno è tanto scemo da picchiare un chiodo nel muro con la testa per convincersi di averla dura, saranno bene cazzi suoi.
Beppe Cerutti