Gentile Direttore vorrei condividere , nello spazio riservato dal suo giornale ai lettori, questa riflessione a voce alta del Movimento Cristiano Lavoratori ( MCL ) del territorio in riferimento all’omelia del Santo Padre del 20 02 2015:

“Se uno va a messa la domenica e fa la comunione, gli si può chiedere: com’è il rapporto con i tuoi collaboratori? Li paghi in nero? Paghi il salario giusto? Versi i contributi per la pensione?”.

Queste sono parole che non hanno bisogno di essere “contestualizzate”. Sono parole “normali” per un Papa, si è sentito dire, cercando di minimizzare la portata del discorso pontificio a Santa Marta.

Effettivamente, il magistero petrino non è cambiato, almeno dall’enciclica Laborem exercens di Giovanni Paolo II del 1981 in poi, e Papa Francesco non fa eccezione.

Al contrario, pigia sull’acceleratore dei diritti e lo ha ripetuto a Santa Marta: “Non puoi fare offerte alla Chiesa sulle spalle dell’ingiustizia che fai con i tuoi collaboratori. E’ un peccato gravissimo: è usare Dio per coprire l’ingiustizia”. Quindi la frase “Se uno va a messa la domenica e fa la comunione, gli si può chiedere: ‘Com’è il rapporto con i tuoi collaboratori? Paghi il salario giusto? Versi i contributi per la pensione?”.

Il discorso papale è in linea con lo spirito della Quaresima, si dirà. Vero. Questo è il tempo della coerenza: amore a Dio come amore al prossimo. E il prossimo individuato dal Santo Padre è il collaboratore che viene “sfruttato”, ma si potrebbe dire che è il consumatore che viene raggirato, è il fisco che viene eluso o evaso, è il cliente che viene truffato.

Il Papa ha sottolineato anche che bisogna distinguere tra “il formale e il reale”, che “non è digiuno non mangiare la carne” se poi la stessa persona si distingue per “litigare e sfruttare gli operai”.Papa Francesco non usa mezzi termini per condannare l’ipocrisia; d’altronde, non li usava nemmeno Gesù Cristo.

La Chiesa ha sempre difeso i poveri e coloro che sono oppressi dall’economia che uccide, ma adesso lo fa con maggiore convinzione, con una determinazione che non va confusa con l’accanimento; sarebbe fuorviante intendere questi ammonimenti come uno schieramento politico del Papato.

Anzi, l’errore più comune è quello di considerare queste parole di Francesco una prova del suo “comunismo”come da alcuni sostenuto e dallo stesso pontefice più volte smentito; se le si legge con serenità non si fatica, al contrario, a collocarle nella continuità del magistero dei Papi.

Quel che infonde loro un vigore nuovo è la convinzione del Papa di vivere tempi peggiori e decisivi per l’uomo e per il Vangelo. La “durezza” della denuncia è un tutt’uno con la gravità della deriva dei costumi occidentali in materia economica e con l’evoluzione della globalizzazione economica in un capitalismo sempre più impersonale e feroce.

La voce di Francesco risuona forte non perché debba colpire un bersaglio politico, ma perché vuole difenderne uno esistenziale: il lavoratore sempre più sfruttato. La persona umana. Il Movimento Cristiano Lavoratori non può non sentirsi fortemente provocato da queste parole del pontefice e orienterà ancor di più la sua quotidiana azione a ricercare quella giustizia sociale cara al magistero sociale della Chiesa, “bussola” da sempre del nostro agire e ora come non mai così attuale da declinare.

Michele Fusari

presidente provinciale MCL

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