Un megatone è un unità di misura che si usa per descrivere la potenza delle esplosioni nucleari. Per farci capire. Un’esplosione di un megatone ha la forza distruttirice equivalente ad un ipotetica esplosione di un milione di tonnellate di tritolo. Una tonnellata di tritolo può uccidere una persona? Domanda retorica: certo che sì. Per togliere di mezzo il povero Giovanni Falcone furono utilizzati, si dice, tra i 500 ed i 1000 chili di tritolo. Un’esplosione da un megatone potenzialmente può uccidere circa un milione di persone.
“Dopo essere stato licenziato dai Metallica, tutto ciò che ricordo è che volevo sangue. Il loro. Volevo essere più veloce e più pesante di loro”, dichiara Dave Mustaine ricordando l’indomani dalla cacciata dai Four Horseman. Fonda così la sua band i Megadeth, che è un po’ una traduzione di megatone.
Venerdì 21 novembre del 1986 usciva il secondo disco del gruppo nato da una costola dei Metallica ripudiata per vendetta: Peace sells…but who’s buying.
Dopo il mezzo passo falso di Killing is my business… my business is good, dove la band si era fatta fuori metà dei soldi che la casa discografica aveva dato loro per incidere il disco in droga, finalmente il rosso, di capelli, Mustaine trova il passo giusto e sforna un capolavoro, uno dei dischi più influenti del thrash capolavori ineguagliati del gruppo.
I Metallica avevano perso un bell’elemento. Se ne renderanno conto anni dopo quando si saranno rammolliti e vedranno il gruppo di Mustaine, dopo un periodo di appannamento, sfornare ancora platter duri e crudi. Mentre loro, si sussurra, finite le idee di Mustaine hanno sformato solo inconcludenti ed inascoltabili lavori.
Se nel mondo qual venerdì era la prima rivincita dell’uomo solo Mustaine, per i Medalllo si apprestava ad arrivare un’altra mazzata. Eravamo in sala prove in attesa dell’arrivo di Massimo, un po’ stancamente proseguivamo a preparaci per il concerto di capodanno. Le crepe che si erano formate si allargarono di botto quando si spalancò la porta e Massimo si presentò in sala prove. Sotto al chiodo, sopra la felpa, aveva una maglietta dei Pane Selvaggio, “sono diventato il loro secondo chitarrista”, ci disse come se fosse la cosa più normale del mondo. Il gelo calò, nella già gelida atmosfera umida della sala prove che non era riscaldata.
“Tranquilli continuo a suonare anche con voi, ci tengo al concerto di capodanno. E poi così sarò sul palco con due gruppi. Sai che divertimento. Per le prove non c’è problema le nostre e le loro non si sovrappongono mai”.
Erano bastati undici giorni perché Massimo cedesse alle sirene dei Pane Selvaggio dopo quell’improvvisato pomeriggio in cui si erano messi a suonare i Kreator con i nostri strumenti. Ma era ovvio. Anzi: mi chiedevo come Max avesse resistito sino ad allora solo con noi. La sua bravura, la sua dedizione allo strumento, la sua maggiore sicurezza con una chitarra in mano, la sua voglia di suonare erano maggiori di quelle di tutti noi messi assieme. Era logico che avrebbe in qualche modo trovato il modo di avere una band seria.
L’ingresso nei Pane Selvaggio sarà solo il primo passo. Nel giro di un paio di mesi il gruppo sarà il primo a suonare pezzi autoctoni. Massimo aveva nel cassetto decine di abbozzi. Solo lo sviluppare tutte quelle intuizioni, che con noi non aveva mai potuto tirare fuori, gli darà materiale per i prossimi dieci anni e per almeno tre band. Quando finita l’esperienza Pane Selvaggio si darà alla noise più fighetta con gli All Black Gates ancora avrà carte del periodo Medalllo da giocare.
Non mancherà mai di citarci nei suoi concerti e di ringraziarci nelle note di copertina delle decine di demo che inciderà prima di trovare la sua strada: quella degli States. Diventerà tecnico di una grande azienda internazionale e si trasferirà a vivere a New York, dove proseguirà a suonare nei piccoli club hardcore punk della Big Apple.
La sua carriera musicale è decisamente meglio rispetto a quello che aspetta gli altri. Finita l’avventura dei Medallo Mauro metterà su un gruppo: gli Utopia, si rivelerà essere un ottimo bassista davvero, e salirà più volte sul palco, ma smetterà dopo la morte di un amico della nuova band.
Stefano smetterà di suonare la chitarra, schiacciato dalla presenza ingombrante del fratello maggiore.
Paolo diventerà percussionista della Banda civica della città giocattolo, quando lo incrocio le mattine delle celebrazioni delle feste del 25 aprile, del 4 novembre e cose così, ricordiamo sempre l’avventura dei Medalllo.
Io dal canto mio mi darò ad altre forme di espressione artistiche. All’alba dei 35 anni finalmente inizierò a suonare la chitarra e mi metterò ad incidere oscuri demo prodotti in casa che non sentirà mai nessuno. Ma adesso c’era davanti l’ultimo miglio dei Medalllo. Arrivare almeno al concerto della festa di capodanno, fare sto benedetto concerto.
Salire su un palco e chiudere in maniera dignitosa un anno vissuto pericolosamente, dal mondo del metal, ed in maniera demenziale da noi. Lasciare una traccia nella città giocattolo. Facciamolo. Era chiaro che dopo il concerto di capodanno ognuno sarebbe andato per la sua strada.
Così andammo dal proprietario della sala prove e annunciammo che ce ne saremmo andati il primo gennaio. Era scocciato, a chi altro avrebbe dato in affitto quella catapecchia maledetta, cadente e madida di umidità e muffa? Nessuno ovvio. Ma era un miracolo che per sei mesi qualcuno gli aveva pagato l’affitto per rimanere tra quelle umide mura.
Quella sera la decisione fu presa. Anche se Massimo insisteva per tenere in vita la band il suo impegno nei Pane Selvaggio ci aveva tolto il senso di esistere. Stendemmo un calendario di prove da effettuare nell’ultimo mese di vita dei Medallo.
La scaletta sarebbe stata quella che si era assestata. Apertura con Aces hight, chiusura con Wasted years.
“Se ci chiedono un bis possiamo fare Party girl?” buttò li ironico Stefano. Risi, ma risi amaro. Però almeno c’era modo di soddisfare un mio grande sogno: quello di salire su un palco.
A 17 anni ci sarebbe stata l’opportunità di avere un’altra band, e poi un’altra ancora. Ma non sarebbe stato così facile. Per rimettermi dietro ad un microfono dopo l‘esperienza Medalllo avrei dovuto aspettare 10 anni e l’arrivo di Bettynel, e anche quella storia non sarebbe stata una cavalcata trionfale di musica e concerti. Ma questa è un altre storia.
Uno dei brani di Peace sells si intitola Good morning black friday. Buon giorno venerdì nero. E quello lo era per davvero un venerdì nero. Sulla copertina di quel disco appare per la prima volta Vic Rattlehead, la mascotte dei Megadeth. E’ davanti al palazzo delle Nazioni Unite diroccato e con fare da agente immobiliare mostra un cartello con la scritta: For sale, in vendita.
Una riproduzione di quella copertina la mettemmo un paio di giorni dopo sulla porta della saletta prove. Pareva perfetta per il futuro che aspettava i Medalllo, distruzione e abbandono.


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