In una tipica serata autunnale dal clima mite, il rispettoso silenzio del centro cittadino di Crema viene interrotto dalla tonante voce dell’attore Salomone Ovadia detto Moni, sostenitore del NO al referendum costituzionale indetto per domenica 4 dicembre per fermare l’iter della proposta di riforma Renzi-Boschi. L’incontro è stato organizzato dal comitato cremasco per il NO e si è svolto nella sala ricevimenti del comune di Crema. Di fronte al vasto pubblico intervenuto ha aperto il dibattito l’ avv. Chiara Tomasetti, rappresentante del Comitato provinciale per il NO, che ha ricordato l’impegno di tutti i cittadini/e, indipendenti da qualsiasi appartenenza politica, nella difficile ‘madre di tutte le battaglie’ a difesa del primo Bene Comune: la Costituzione. Nel successivo intervento, Massimo Balzarini, menbro della segreteria regionale CGIL, ricorda che non è necessario modificare la carta costituzionale per abbattere i costi della politica e investire su politiche di welfare, chiude la presentazione l’onorevole Franco Bordo, parlamentare SEL-Sinistra Italiana, scagliandosi contro gli alti toni tenuti dai rappresentanti delle istituzioni durante questa campagna senza entrarne nel merito.
Ma ecco che irrompe Moni Ovadia tuonando contro chi ha volutamente e inutilmente spaccato il già fragile equilibrio del Paese con una riforma dettata da JP Morgan, colosso bancario americano tra i principali responsabili della crisi finanziaria maturata a livello mondiale e per questo condannata al pagamento di una multa di 13 miliardi di dollari, la quale il 28 maggio 2013 ha redatto un documento nel quale sosteneva che le costituzioni dei paesi sud-europei scritte dopo la caduta di regimi come quello fascista presentano difetti tra cui quello di governi deboli di fronte a parlamenti e regioni, forte influenza delle idee socialiste, troppe tutele per i lavoratori e per il diritto del popolo di protestare di fronte ai cambiamenti sgraditi.
Il governo Renzi, rappresentante di questo sistema, ha così presentato al Parlamento questa de-forma costituzionale che, combinata alla legge elettorale ‘Italicum’, consegnerà il governo del Paese ad una forza partitica votata dal 20% della popolazione che avrà la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati riducendo, di fatto, il principio di rappresentanza e democrazia. Basta ricordare che durante il periodo fascista la legge Acerbo concedeva i 2/3 dei seggi al partito che raggiungeva il 25% dei voti per capire che le regole del gioco sono dettate da forze di destra. Risulta inaccettabile, inoltre, la clausola di supremazia introdotta nel titolo V la quale permette al governo di imporre a Comuni e Regioni la presenza sul loro territorio di, ad esempio, centrali nucleari, trivelle, inceneritori contro la loro volontà.
Altre problematiche messe in luce da Moni Ovadia sono un’inadeguata informazione sui contenuti della riforma e un sostegno del sì con la falsa convinzione che cambiamento è sinonimo di miglioramento. Molto diffuse sono infatti le credenze che questa riforma sia imperfetta ma rappresenti un passo avanti verso un sistema parlamentare migliore di quello attuale e che sia un primo passo verso il rinnovamento. Ma ‘rinnovamento’ non fa’ necessariamente rima con ringiovanimento della classe politica; valori, idee, principi e abilità di governo devono essere le fondamenta di una classe dirigente indipendentemente dall’età. Le capacità dell’attuale esecutivo, anche se con una bassa età media, non sono paragonabili a passate legislature formate da personalità con parecchie primavere alle spalle.
L’ultimo argomento trattato è stata l’accusa di Renzi ai sostenitori del NO di far parte di un’accozzaglia, poiché sostenuto da esponenti di diverse aree politiche che vanno dall’estrema sinistra all’estrema destra passando per il Movimento Cinque Stelle e persino per parte del PD. Ovadia ha tenuto a ricordare che la Costituzione è stata scritta da persone che appartenevano a diverse forze politiche: Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano, Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria e molte altre componenti del mondo sociale. Dopo un’ultima simpatica constatazione “Meglio accozzaglia che renzaglia”, Moni ha risposto alle domande del pubblico e dopo qualche foto e una stretta di mano si è congedato concludendo l’incontro.