Ho iniziato dal rock duro, ma poi alla fine i Pooh”, lo dice un radio ascoltatore di Caterpillar. Sono le 6.40 di un venerdì di febbraio che pare aprile. Io sulla reunion nazionalpopolare dei Pooh mi sono addormentato, salvo poi riprendermi su La sera dei miracoli degli Stadio e vedermi tutto il Dopofestival, terminato tipo alle 2.30 del mattino.

Terza serata, tempo di cover. Crollano le borse, forse in Siria si firma il cessate il fuoco, hanno scoperto le onde gravitazionali (ma Battiato e Sgalambro già lo sapevano) ma l’Italia guarda il festival. Il primo scandalo, finalmente, uno scandaletto, una votazione da rifare per i giovani che ribalta il risultato. Nulla di grave. Neppure un operaio che finge di gettarsi dalla balconata. Altri tempi.

Intanto su Facebook e sui Twitter impazzano i commenti. Anche i Dear Jack raccolgono la sfida dei The Jackal e dicono una frase predeterminata alla fine dell’esibizione, ciao sbiaditi, che detta da un singer di colore suona divertente assai. Rimane l’interrogativo: Sanremo e cultura di sinistra? Anche l’interlocutore che non aveva capito che un po’ di ironia ci va, sulla bacheca di una amica citato ieri, scende a miti consigli. Me lo dicono in tanti che sono un po’ democristiano. Devo iniziare a preoccuparmi?

L’amico che ascolta solo rock classico e aborre Sanremo, ma che è a casa inchiodato a letto da una influenza, commenta il festival su Facebook. Apprezza la cover di Don Rafae di Clementino. E’ simpatico il ragazzo. Ma non c’è più religione. Il morbo festival prende tutti. Tra una settimana sorrideremo della canzoni che abbiamo ascoltato in questa settimana.

Intanto la riflessione fatta su La Repubblica stamattina sul recupero di alcune cose del nostro repertorio storico è seria e fondata. Quanti ragazzi che manco sanno chi era De André stamattina andranno su Spotify ad informarsi dopo aver sentito la cover di Clementino? Stessa cosa per le travolgenti versioni di Carosone di Rocco Hunt e Neffa. Gli Zero Assoluto invece massacrano Goldrake. Niente, anche ascoltandoli al contrario si sente un loro disco: turuturututu. Per citare un loro vecchio, innocuo, tormentone.

I gossip intanto impazzano. Forse Noemi è incinta. Testa rossa canta Dedicato di Fossati con una bella grinta rock. Va bene, oltre al genere redhead la iscriveremo anche al genere pregnant. Una bella accoppiata. Mi sa che la terrò d’occhio. Sicuramente mi scorderò di nuovo di Dolcenera. Massacra Amore disperato di Nada, si intravede una scollatura di tetta scarsa. Carestia ormonale al festival quest’anno.

Neppure una sana tettona. Intanto stasera probabile prendo una pausa per una uscita. Una boccata d’aria. Vedrò il dopofestival, geniale con la Gialappa’s e Savino e poi full immersion sabato per la finale. Su Spotify ho fatto la playlist Sanremo. La cosa più vetusta, il festival, e la cosa più moderna, Spotify, che si incontrano. Wake up… Canticchio Rocco Hunt, starò male?

Emanuele Mandelli

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