Al via la rubrica settimanale in collaborazione con Ottostorto, non poteva che iniziare con un pezzo dedicato adl una donna

Ognuno, preso dalle incombenze di tutti i giorni, vede nelle cose che lo circondano i semplici oggetti utilizzabili quotidianamente. Non presta attenzione, ad esempio, al forno della propria cucina se non nel momento stesso in cui decide di cuocervi qualcosa. Ma se a qualcuno è mai capitato, una volta aperto, di guardarlo e leggervi – anche solo per un attimo – uno dei versi sopra citati, allora io e quella persona sappiamo – sì, lo sappiamo bene! – che stiamo pensando a Sylvia Plath.
Alle prime luci dell’alba dell’11 febbraio 1963, da ragazza della provincia americana – che aveva pubblicato una raccolta di poesie e un romanzo di modesto successo – la Plath pone fine alla sua vita aprendo il gas del forno di casa e appoggiandoci all’interno la testa. Da questo istante rinascerà infinite volte, nelle sue opere ripubblicate e nelle opinioni dei critici.
Ora è un’eroina del femminismo che ha messo alla berlina l’ipocrita società maschilista degli anni cinquanta; ora è annoverata tra i poeti confessionalisti che nelle loro poesie fanno un resoconto di vita personale; ora è considerata semplicemente una donna mentalmente instabile, una donna arrabbiata con la vita, che desiderava solo la morte….

Lorena Martinelli

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