«I sindaci esprimono i bisogni e Scrp industrializza le scelte». Lo afferma Pietro Moro, presidente della municipalizzata nel corso di una lunga intervista pubblicata su La Provincia il 9 dicembre. In altre parole la politica, intesa come insieme di comuni cremaschi, indirizza e Scrp esegue. Concetto semplice e lineare. Ineccepibile, ma di difficile praticabilità se si parla di Scrp. Perché?
Uno. Nel Cremasco non c’è un organismo politico, autonomo da Scrp, dove i sindaci possano decidere in modo paritetico (una testa, un voto) la linea della società. Non esiste infatti alcun consesso politico che esprima i bisogni del territorio da trasmettere a Scrp. Non li esprime l’Assemblea dei soci. Non li esprime perché l’assemblea di una spa dista anni luce da un organismo politico. Convocata dal consiglio di amministrazione, l’assemblea discute gli ordini del giorno funzionali alla società. Prassi che non fa una grinza.
Non li esprime il Comitato ristretto, club esclusivo di una decina di sindaci. Eletto dall’assemblea di Scrp, gravato dal peccato originale derivato dalla sua origine, ha perso il contatto con il resto dei soci. Non li esprime la Conferenza dei sindaci. Il più delle volte convocata in coda o un’ora prima dell’assemblea di Scrp, ratifica interventi già concordati tra Comitato ristretto e Consiglio di amministrazione.
Due. Scrp è una spa. Segue le regole del diritto societario, particolare che – nei fatti – fornisce la possibilità di veto o di imposizione ai comuni che detengono le quote azionarie più consistenti. Quote che rispecchiano il numero degli abitanti. Ne deriva che Crema occupa una posizione egemone. Più che legittima, ma oggettivamente penalizzante per i piccoli comuni. Praticamente la città si fa arbitro dei bisogni del territorio, quando questi bisogni sono discussi e votati dall’assemblea di Scrp. Insomma Crema in Scrp dispone degli ultimissimi missili S 300 e i comuni del circondario dei vecchi Scud. Crema può non usarli, ma non sempre è magnanima.
A novembre, durante la Conferenza dei sindaci, riunita per votare la prosecuzione della gara di igiene ambientale, i soci si sono ritrovati il servizio di spazzatura e pulizia dei mercati tra quelli di base, quando a luglio figurava tra i facoltativi. «Peste», avrebbe detto Tex. Alcuni sindaci dei piccoli comuni hanno chiesto lumi sulla promozione e sollecitano il ritorno di questo servizio tra i facoltativi. Crema che – bando alle ipocrisie – è il comune maggiormente interessato a questo servizio, si è opposto al ripristino dello statu quo ante. La spazzatura e pulizia dei mercati non si è schiodata dalla casella dei servizi di base. Motivazione? Non cambia nulla nell’appalto. E allora perché non lasciare il servizio tra i facoltativi? Elementare Watson. Risultato? La votazione ha segnato tredici tra astenuti e contrari.
Tre. Scrp industrializza le scelte dei sindaci. Come no? A condizione che questo lavoro venga svolto secondo i sacri crismi dell’efficienza e dell’efficacia. In questi anni Scrp ha raggiunto questi obiettivi? Troppo facile dire di no, ma non è il motivo di questo articolo elencare le distonie gestionali di Scrp. Niente cahiérs de doléance, ma una riflessione sul problema del futuro della municipalizzata in vista della modifica dello statuto annunciata dal presidente Moro nell’intervista ricordata all’inizio.
Quattro. La modifica dello statuto è utile solo se incide sul rapporto spurio oggi esistente tra gli organismi che indirizzano le scelte di Scrp e quelli che li realizzano. Fuori dai denti la modifica dello statuto è utile solo se contribuisce a risolvere l’equivoco che attualmente permette di non individuare responsabili di eventuali manchevolezze nella gestione della società. Si cassi subito l’idea di qualsiasi ipotesi forcaiola, ma perbacco, in un’azienda minimante organizzata e trasparente la prima regola è chi fa cosa con i relativi oneri ed onori.
E diciamolo, la definizione netta dei ruoli della politica e di Scrp eviterebbe anche ad anime candide e pasdaran di partito di sparare sciocchezze. Per esempio, di imputare ai sindaci la responsabilità del funzionamento più o meno brillante di Scrp. Se vale il principio che la politica indirizza e la società realizza, allora è evidente la contraddizione di coloro che caricano sulle spalle dei sindaci stessi la croce di alcuni errori della Scrp. Se si affida un compito ad un’impresa e questa non lo esegue a regola d’arte, la negligenza non viene attribuita a chi ha assegnato l’appalto. Al committente potrà essere attribuita l’imperizia o la superficialità nella scelta dell’impresa e anche l’errore di non avere sostituito il prescelto ai primi accenni di inefficienza, ma non quello della inadeguata realizzazione della casa.
«La più grande beffa che il Diavolo abbia mai fatto al mondo, è stata quella di convincere tutti che non esiste» spiega Kevin Spacey nei I soliti sospetti, cazzuto film del 1995. Gli intellettuali preciseranno che lo stesso concetto l’aveva espresso Baudelaire. Per analogia, un sindaco di paese sostiene è uno straordinario trucco cercare di convincere i cittadini che i soci di Scrp siano la causa delle inefficienze della società.
Cinque. Detto questo, per normalizzare la situazione di Scrp non basta la sola modifica dello statuto. E’ necessaria la creazione di un organismo politico degno di tale nome, con la capacità, l’autorevolezza, l’autonomia nello svolgere il compito assegnatogli. E, sia concessa la brutalità, occorre rispondere ad un quesito: Scrp serve ancora?
Antonio Grassi – Sindaco di Casale Cremasco Vidolasco