Poot poot, s’annunciò la cromata vettura e Camillo si fece in parte. Chiese l’incappucciato maneggiando il volante qual che fosse oggetto d’oscura origine: “Voi che mi sembraste villico in valle. Or dunque, ditemi, proseguo nel giusto onde finir al fine entro le mura di villa Arconati?”

“Ostia”, rispose il Camillo sollevando in tal direzione il braccio e scotendo il capo, affermativo. “Ci manca poco”, aggiunse.

Il Vate diede di frizione, ingranò e via d’acceleratore.

Una sottana l’attendeva.

Il Camillo girò i tacchi e come una pietra in discesa andò a sbattere da una porta all’altra. I mariti fecero occhi scuri ma le mogli, che la sapevano lunga, diedero aria ai bauli, non capita mica tutti i giorni e poi, non so se mi spiego… una boccata d’aria ci vuole.

Il Vate non si concesse al volgo.

Cagone, ebbe a dire un abito da sera che in altra epoca era stato ritagliato per una prima al Teatro Sociale. Un abito che lasciava libere le spalle.

Cagone, tra un vermouth e l’altro dicevano gli uomini, almeno quelli che, a quello lì, avrebbero voluto fargliela vedere.

Colite, disse il medico chiamato d’urgenza a villa Arconati.

Colite?

Sì, madame s’è emozionata. Alle viste del Vate in mutande, s’era messa a ridere a più non posso.

E intanto il Camillo beveva a gratis.

Beppe Cerutti

 

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