E’ rimasta la sua società di calcio, vale a dire la mitica, leggendaria, inimitabile Alba Crema (oggi ben gestita dal presidente Ciro Cozzolino e dal direttore tecnico Mimmo Tassiero) fondata da lui nell’ormai lontano 1956, ma una persona della sua pasta, al football cremasco manca un sacco. Se non l’avete ancora capito stiamo parlando del generosamente ruspante Rosolo Paiardi detto Boffi, calciofilo appassionato, innamorato del pallone scomparso da qualche anno e oggi rimpianto assai.
Fuori dagli schemi, dai giri cremaschi che contano, per questo forse, oltre che per il suo modo di fare genuino, alla pane e salame e per la sua parlata roca, diventato nel corso della sua vita, suo malgrado un po’ macchietta, il Boffi, cappellino rigorosamente dell’Alba sempre in testa, nato povero e morto peggio (nel febbraio 2011) nel “pallone” ci ha rimesso soldi, competenza, passione e cuore facendo giocare, portandoli ovunque, tanti, ma tanti giovani e giovanissimi cremaschi, scovando, ogni tanto pure qualche calciatore interessante e promettente. Si perché il pittoresco, “sgaruppato” Rosolo in fondo faceva giocare tutti, bastava avere voglia di sognare intorno alla palla che gira, lui che era un sognatore … nel pallone, per entrare in sintonia con lui, personaggio umile, semplice, diretto, innamorato della vita, a tratti buffo, goffamente improvvisato, ma buono, poco avvezzo a indossare abiti eleganti di gala (e le annesse cene ove in tanti parlano, parlandosi addosso, per non dire nulla) che solo in tuta si trovava bene.
Ecco sarebbe bello se Crema, magari giusto l’anno prossimo quando il Granducato del Tortello si fregerà meritatamente del titolo di “Città Europea dello Sport”, si ricordasse istituendo un premio ad hoc o una borsa di studio alla memoria del popolare, compianto Rosolo Paiardi: che se il Padre Eterno l’ha creata, Vasco Rossi ha reso tanto intramontabile quanto intrigante il sorgere del sole, beh modestamente, lui Rosolo, l’Alba l’ha resa unica. Dulcis in fundo, tu Boffi mi raccomando, da lassù non toglierti il cappello mettendo la mano sopra la fronte per guardare noi quaggiù: il tuo calcio ahimè fu.
Stefano Mauri