Treno. A occhi chiusi. Chiudi gli occhi. Treno senza occhi. Senza occhi
UNO
“ Chiudi gli occhi….” una voce roca,rotta dal fumo di anni di sigarette mi accarezza il collo da dietro,come in un soffio un richiamo alla parte più nascosta di me. Di chi è questo odore di tabacco e uomo che sento ? A giudicare dal retrogusto di sudore deve essere qualcuno che sta su questo treno da più tempo di me…questo treno affollato e afoso come un girone dell’inferno…E cos’è questo palpitare frettoloso del mio cuore…analizzo:credo si chiami PAURA,paura di aver deciso in un solo istante di abbandonarsi al gioco di questa voce sporca e sconosciuta. CHIUDERE GLI OCCHI..un gesto che si sposa con momenti quasi sempre a me graditi
- addormentarsi
- sognare
- baciare
- sdraiarsi a prendere il sole
- pensare ( la mente al riparo da immagini esterne è al sicuro ed elabora più rapidamente )
- godere
- fingere di non esserci
“ Di che colore sono? ”…ancora quella voce lamentosa ..di che colore sono cosa? Il mio pensiero silenzioso ha forse più voce di me e di nuovo quella nota stonata
“ Gli occhi…sono verdi vero? ”
Si.
Non rispondo,non serve farlo..lui continuerà a parlare e io voglio solo ascoltarlo,voglio farmi bagnare dalla pioggia delle sue parole,cosi: ferma e terrorizzata,cieca ed eccitata.
“ Hai l’odore dei boschi bagnati dalla pioggia..sono sicuro che sotto le palpebre chiuse hai occhi di muschio…fertile e umido” Io so di bosco..lui odora dei mille animali che vivono in me.
Respiro il suo fiato chiusa al mondo e aperta al suo gioco..non sento più il rumore del ferro sotto di noi..solo il mio corpo nudo sballottato e indifeso davanti a lui.
Sono in ostaggio come la vittima prescelta di un crudele criminale..mi sento carne da macello,un quarto di bue appeso ad un filo sottile e tagliente come una lama. Ma non riesco a far altro che respirare forte,più forte del mio carnefice,per provare a me stessa che sono ancora viva,per non farmi sopraffare dal suo sibilare da serpente. Si,ha il respiro sibilante di chi non ha più tanti attimi da vivere o di chi è posseduto da una inquietante melodia nostalgica.
Sto per vomitare.
Vomito.
Si.
Impugna i miei capelli come se tenesse le briglie di un cavallo.
Mi svuoto di tutto.
La gente si allontana dal frutto del mio disgusto,ma lui rimane…con la coda di questo animale da macellare tra le mani.
Una presa forte, quasi rabbiosa..sento un dolore pungente,ma non posso gridare di smettere.
Non so più perché sono salita su questo treno ne dove sto andando.
Devo aver vomitato anche la mia memoria.
Stanno pulendo con della segatura e ci guardano attoniti:
una donna, jeans, camicia chiara,scarpe scure,capelli rossi e gli occhi chiusi.
Un uomo,scarpe scure ma senza volto.
La tiene stretta per i capelli,lei pare in bilico tra se stessa e il non volto di lui.
Immobili.
Muti.
DUE
L’uomo non ha identità:se non hai occhi,naso,bocca,capelli,orecchie per il mondo non esisti.
Hai una voce.
Una mente,un’anima,un cuore,2 polmoni,un fegato,vene,arterie e sangue,ma se non hai un volto non esisti per nessuno.
“Signori,vostro figlio è affetto da una rara malattia chiamata SINDROME DI MEDUSA. In parole povere soffre di una labilità incurabile dei tratti somatici del viso..non avrà mai una vera identità perché i suoi lineamenti,i suoi occhi e i suoi capelli muteranno continuamente come il tempo..in base ai suoi sentimenti,alle stagioni e soprattutto in base al colore degli occhi di chi gli starà di fronte. Potrà essere ciò che vorrà…e al tempo stesso nulla di ciò che ci si aspetterà da lui!”
Questa fu la diagnosi,l’atroce verdetto che il dottor K.sentenziò in quella strana mattina di agosto.
Il destino aveva deciso che da quel giorno in poi il mondo sarebbe stato abitato da uno strano nuovo bambino,depositario di un orribile dono e di mille maschere differenti.
Il treno corre sempre più veloce.
Piove.
L’acqua si schianta contro i finestrini come a volersi suicidare:lei ora ha aperto gli occhi e ansimante osserva quel cielo plumbeo e pesante come un enorme macigno.
Lui lascia la presa,si gratta nervosamente la testa e si accende una sigaretta:
“Non farlo”
Mi domando se per caso sulla mia schiena ci sia un libro aperto che codifichi i miei pensieri…
“ Ok,non mi muoverò,resterò avvolta da questa fetida nuvola di fumo..maledetto bastardo,che cazzo vuoi da me?”
Non ho il coraggio di dare voce a quel pensiero e non posso far altro che richiudermi nel mio buio.
“Brava.”
La testa mi fa male,mi duole dello stesso identico pungente fastidio di quando da piccola mia madre mi faceva le trecce strette strette sulla nuca.
Per un attimo sorrido ripensando alla mia bellissima infanzia.
Lui digrigna i denti ricordando quegli anni di merda.
“Un incubo continuo,un’esistenza intera vissuta come un eterno carnevale..con un travestimento che però nessuno ha mai saputo riconoscere”
Mi domando per quale strano scherzo del destino quella voce abbia proprio scelto me e per quale inspiegabile motivo io abbia deciso di ascoltarla. Dalla borsa il trillo di un telefono:cerco di prenderlo ma non riesco a trovarlo. In compenso casca a terra una parrucca arruffata da clown e un set di trucchi colorati.
“ Giochi con il tuo viso per chi non può farlo con il proprio…ecco perché ho scelto te”
TRE
Una frenata improvvisa.
QUATTRO
Qualcosa di umido e caldo cola sul mio collo come una pisciata.
Sangue.
La forte decelerazione ha punito il suo naso aguzzo che ora piange di una bollente emorragia su di me.
La mia camicia inizia a sembrare un dipinto astratto o una bandiera del Giappone, ora che la macchia assume una forma più regolare.
“Aguzzo….?”
Mi stupisco anch’io di aver attribuito una forma al naso di una voce senza nome.
Cerco nella mia borsa..mi infilo il mio naso di plastica da clown,cosi saremo in due ad averlo color vermiglio.
Deve essere indietreggiato un po’ perché non sento più il suo odore cosi vicino e perché, nonostante le grida ,sento il ticchettio delle gocce che cascano per terra.
Tra di noi una piccola pozza di sangue.
Di nuovo l’uomo della segatura ad assistere attonito a questo macabro gioco:
una donna,scarpe scure,jeans,una camicia che pare una tavolozza e un buffo naso rosso.
Un uomo ,scarpe scure e, in mezzo a qualcosa di mal definito,un appuntito naso sanguinante.
Di nuovo immobili.
Ancora muti.
Urla di paura intorno a questa messa in scena.
Non posso credere che le persone debbano gridare tanto per quello che stanno vedendo;credo che in fondo potrebbe sembrare proprio la scena di un nostro lavoro,anzi non vedo l’ora di poterne parlare con L. per preparare il prossimo spettacolo.
Con che coraggio posso pensare proprio ora al mio lavoro? Forse perché su questo treno mi sto sentendo viva come sul palco…per la prima volta nella mia vita al di fuori dal teatro.
“Ma guarda questi due! Chissà se si saranno accorti che il treno si è fermato perché una disperata come loro ha deciso di ridipingere con le sue budella le pareti della locomotiva?”
Cazzo,hai sentito quello che è successo? Io voglio vedere cosa rimane di una donna che decide di abbracciare un treno in corsa.
CINQUE
Avanzo lungo il corridoio con il cuore in gola e sento che i suoi passi ricalcano i miei;forse anche lui vuole partecipare a questa impietosa processione di poveri infelici,curiosi e perversi.
Già una volta in passato mi trovai in una situazione analoga:un pauroso incidente stradale mi aveva reso spettatrice del peggior spettacolo della mia vita.E ora sento dentro la stessa vergognosa macabra ebrezza di essere sul punto di vedere quanto fragile sia in realtà la falsa compattezza del nostro corpo.
Scendo un gradino dopo l’altro scossa da una strana vertigine e un odore di carne affettata mi arriva come un pugno sul muso. Mi domando cosa avrà spinto questa donna a compiere un gesto del genere e se mai in vita mia arriverò ad un tale punto di disperazione da decidere di farla finita.
I soccorsi devono ancora arrivare,ci sono solo passeggeri incuriositi e spaventati che ciondolano avanti e indietro indecisi sul da fare:guardare o non guardare…
Io smetto di pensare e sgomitando mi porto sul luogo dell’impatto.
Niente di particolare,a parte uno spruzzo di un colore mal definito sulla faccia anteriore di questo gigante veloce. La pesantezza dei miei passi mi fa muovere goffamente,un elefante in un negozio di cristalli.
Ho paura che finirò col calpestare una parte di lei e mi fermo improvvisamente:
c’è fango ovunque,fango e brandelli di una solitudine che ha scelto di dilaniarsi in mille pezzi per cercare un po’ di compagnia(conforto).
Ora inizio a scorgere un po’ di unità in questo sanguinante puzzle che mi circonda,inizio a sentirmi circondata da un cerchio di non vita che ha ancora però un filo di voce. Ci sono frammenti in ogni dove,un sangue che continua a scorrere,un cuore che continua a pulsare,un cervello che grida e due meravigliosi occhi grigi che sembrano piangere. Vedo in lontananza una palla infuocata,mi avvicino e la palla non è una palla e il fuoco non è affatto fuoco..è una chioma tinta di rosso,una maschera dilaniata e appiccicosa. Materia grigia che sgorga come da un vaso e bagna i capelli come se fossero il pelo di un vitello appena nato.
Rido,una risata agghiacciante e pungente esce isterica da me.
Intorno una folla disgustata ed imbarazzata indietreggia allontanandosi dalla mia reazione.
Continuo ad emettere questo strano suono sordo,più vicino ad un urlo che ad una risata ora: è il mio canto funebre e in un attimo mi sfilo il mio rosso naso da clown. Faccio due passi,mi chino su quella poltiglia e lo depongo delicatamente a terra..è il mio fiore per te,il mio omaggio di plastica
. SEI
Risalgo su questo grande killer inconsapevole
FraZ