Coppiere, si può sapere chi tramesta sotto le nostre auguste finestre?

È la Morte, mio Sire…

Ebbene, fatele sapere che al momento non abbiamo bisogno dei suoi servigi! Il nostro regno vive in pace, o mi sbaglio?

Maestà, non reclama sangue…

Ah, e allora che vuole? Non le basta sapere che noi ci acconciamo quotidianamente in riverito timore, con ceri e preghiere?

È con la vostra aurea persona che vuol parlare, mio Signore.

In questo caso le si dica di aspettare udienza come si addice a un fedele suddito!

Vostra Grazia, confutarla ci è difficile, o meglio, impossibile…

Sono sicuro che s’è vestita al suo solito modo, non confacente alla dignità di codesta corte. Le si ordini di spogliarsi della ridicola palandrana nera e in quanto alla falce, che la lasci in deposito al corpo di guardia. Nessuna minaccia può essere esibita alla nostra regale corona, che ci è stata concessa per grazia divina! Se si rifiuta, mettetela in catene!

Sire…

Coppiere, stammi bene a sentire! Il mio regno è vasto e solido perché laddove sono naufragate le leggi è calata la spada. Nell’uno come nell’altro caso a quella ineluttabile pezzente abbiamo offerto ciò che ci è parso giusto: teste mozzate oppure distese di prodi guerrieri con le budella rivoltate. Se ora chiede udienza, esigiamo che si presenti al nostro cospetto per quella scheletrica peripatetica qual è! E se si vergogna della miserabile nudità che le è propria, se ne può anche tornare donde è venuta, ché a noi altre e ben più pressanti incombenze gravano in cuore!

 

Il Coppiere esce a testa bassa mentre appare la Morte, con l’indice puntato minaccioso verso il trono.

 

Domani, nella battaglia, prima di morire, pensa a me.*

Ma che stai blaterando, sozza figura?!

Mendicherai anche un cavallo in cambio del tuo regno!*

Ascolta mo ben, cretinetti. Primo, domani non devo andare in battaglia; secondo non penso assolutamente di dover morire; terzo togliti dalla testa che mi frulli di pensarti e in quanto al cavallo… le terre che mi appartengono sono gremite di equini.

Riccardo! A me non puoi mentire, ricordalo!

Ma quale Riccardo? Mi chiamo Pietro!

O volontà divina che conduci i miei passi, sei testimone dell’abbrutimento di sì tanta malvagia creatura, che di fronte al tuo santo cospetto nega i suoi nefandi peccati. Pentiti, dunque, Riccardo, terzo re d’Inghilterra con codesto nome, pentiti e piangi per la misera sorte che t’attende!

Ma allora sei proprio balenga. Non so chi sia ‘sto Riccardo terzo. Lo vuoi capire sì o no che io sono Pietro secondo, imperatore del Brasile!

 

Un dubbio coglie la Morte.

 

Ma… questa non è casa Shakespeare?

Noo!!!

Cazzo, che figura di merda!

Beppe Cerutti

 

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