Lussureggiante come una foresta tropicale, la piantina di basilico che adorna il mio balcone è fonte di stupore per gli occasionali visitatori e per me di grandi soddisfazioni. Fin dall’infanzia l’ho cresciuta con amorevole cura e anche coccolata, ma forse oltre il lecito, perché ora sta mettendo su un sacco di arie.

Innanzi tutto non vuole più sentirsi chiamare “il mio bel basilicotto” ma pretende un approccio meno confidenziale alle sue foglie, il cui aroma è per me sempre ragione di estasi. Insomma, o l’appello con il nome d’arte (Ocimum Basilicum) o altrimenti mi manda a quel paese con aria indignata. Non solo: qualora l’adibisca alla preparazione del pesto, pretende di essere trattata solo con l’utilizzo di un pestello di pietra. Non è che me lo abbia detto direttamente, ma sono venuto a saperlo dai pinoli, che dell’arroganza della pianta erbacea ne hanno un poco piene le palle: “Che cazzo ce ne frega a noi se quello lì fa parte della famiglia delle Labiate?!”

Devo ammettere che il conflitto è nato anche per causa mia. Infatti per accelerare la preparazione della salsa non seguo il metodo tradizionale bensì utilizzo il mini frullatore conosciuto con il nome di Pim. Ebbene, ho scoperto che il basilico è masochista: quella roba lì gli fa girare terribilmente la testa mentre lui preferisce essere brutalmente pestato. L’esatto contrario del pinolo, che invece auspica la rapida amalgama con il pecorino e l’olio d’oliva: insomma, lo sballo immediato.

Un capitolo a parte merita l’olio, soprattutto laddove le pretese degli altri ingredienti rasentano il grottesco: orgoglioso di appartenere alla classe sociale delle olive, rurale e tosta, si trova a disagio qualora si voglia andare a specificarne l’identità: “Lei è extra?” “Be’, in effetti sono mediterraneo.” “Lei è vergine?” “See… Come le vostre mamme!”

In quanto al Pecorino è stato chiaro: “Io non parlo.”

Qual è la morale di questa storia surreale? Ho convocato una riunione d’urgenza e ai miei “amici” ho sbattuto in faccia la cruda verità: “O la piantate di rompermi i coglioni, o altrimenti questa è l’alternativa.” Nella mano tenevo ben visibile un vasetto di vetro contenente il “Gran Pesto alla genovese”, senz’aglio, marca Tigullio, e prodotto industrialmente dalla Star.

Il mio ego di solito è mite, tollerante, ma come ben sapete, a tutto vi è un limite.

Beppe Cerutti

 

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