Si dice P5 ma s’intende MIO, cioè Pronome Personale Possessivo  di Prima Persona…  In genere P5 è accompagnato  dall’epifonema rafforzativo  “e non rompetemi il cazzo!” Un’esclamazione che spesso suona minacciosa e che mantiene in perpetua soggezione la gerarchia sottostante, fatta eccezione, forse, per “altrui”, la cui vaghezza torna utile a tutti senza infastidire nessuno.

In quanto primigenio, MIO è il più grasso e massiccio tra i pronomi possessivi. È infatti l’unico cui è concesso cibarsi, con assoluta cognizione di causa, dell’elevato IO, pronome singolare di prima persona, portatore di valori nutrizionali unici e incomparabili. Dall’abbuffata ne scaturisce l’imperituro Egoarca, gran teologo della “Prossemica”, culto esoterico che fissa le distanze comunicative tra le varie dignità pronominali.

Un esempio può tornare utile: MIO-IO concede udienza confidenziale a Tuo-Tu (l’utilizzo delle lettere maiuscole è importante) e il “loro” (possessivo di sesta categoria) affabulare vis-à-vis che quasi si baciano, desta i sospetti di “suo-lui” (terza persona), che invece si trova a dieci metri di distanza e non capisce una sega di quanto quei due là si stanno dicendo. Preoccupazione fondata, perché tra un ammiccamento e un sorrisino d’intesa quelli stanno apparecchiando una carognata: “Se IO e Te (prima e seconda persona) facciamo così e così, tutto quello che è di quello là (terza persona, lontana) diventa NOSTRO  (prima persona plurale). “

“NOSTRO … NOSTRO?”

“… Nostro …”

“Nostro?”

“… nostro …”

“nostro?”

“Ooooh, non rompere il cazzo!”

Beppe Cerutti

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