Entrai nella taverna vestito da ramarro danzante. Flip il Pirata mi stava aspettando appoggiato al bancone: con l’uncino teneva agganciato un boccale di birra del peso di dodici libbre mentre con la mano buona si grattava la gamba di legno. La pezza nera sull’occhio brillava di accenti omicidi. Nel locale calò il silenzio e gli avventori si addossarono alle pareti, impauriti.  Accesi un mezzo toscano Pedroni aromatizzato all’anisette e mi diressi verso il gaglioffo con sguardo gelido: due occhi, i miei, che ne fissavano uno solo, il suo. Flip il Pirata smise di grattarsi e con la mano buona estrasse dalla fondina applicata alla gamba di legno un coltello da macellaio tipo scimitarra, circa quaranta centimetri. Con violenza lo piantò sulla superficie del bancone, un blocco di otto centimetri di spessore, puro marmo di Carrara. Ormai eravamo a tu per tu e io gli intinsi il Pedroni nella tinozza della birra. Il suo unico occhio sprizzava furia omicida e sentivo la pesantezza del suo lento e furioso ansimare sul mio petto: con l’uncino mi agganciò per il collo e mi attirò a sé. Da svenire, ma non abbassai lo sguardo e gli appoggiai contro il ventre cicciotto e affaticato un casereccio punteruolo sufficientemente persuasivo.

“Stammi a sentire, ragazzo – mi disse Flip il Pirata – dì’ a nostra madre che a me non mi piace il brodo di gallina e che la minestrina serale se la mangia lei!”

Beppe Cerutti

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